“Tutta colpa del doping”: il fuoriclasse sputa il rospo e ammette tutto I “Pesante vivere così”

Nuove rivelazioni e retroscena sulla piaga del doping nel calcio. Il fuoriclasse dice tutto e getta nuove ombre sullo sport più amato.
Un male elevato al quadrato: lede il principio di vincere seguendo i principi del fair play senza barare, fa malissimo alla salute. Il doping nel calcio e, nello sport in generale, rappresenta da decenni una delle ombre più inquietanti dello sport più amato al mondo.
Tra testimonianze scioccanti, accuse pubbliche e casi giudiziari, emergono storie che evidenziano come l’uso di sostanze proibite abbia segnato profondamente la storia del calcio, spesso con conseguenze tragiche.
Già negli anni ‘60 e ‘70, l’ex portiere (nonché medico) Lamberto Boranga ha denunciato l’uso di sostanze dopanti (poi vietato) assunto dai calciatori per migliorare le prestazioni in campo. Negli anni ’90, il più grande nemico del doping su Zdenek Zeman.
Il grande accusatore della Juventus ma non solo ha ribadito per anni l’utilizzo l’uso sistematico di sostanze dopanti nel calcio italiano, con quella frase diventata manifesto: “il calcio deve uscire dalle farmacie”. Al di là dell’utilizzo di farmaci per migliore le proprie prestazioni, con il doping numerosi ex calciatori hanno subito gravi problemi di salute.
C’è chi è morto anche a causa del doping
Si parla tutt’ora della morte di Bruno Beatrice e Adriano Lombardi, uno morto per leucemia e l’altro deceduto a causa della SLA. Ma sono tanti i casi di malattie neurodegenerative che hanno colpito tanti giocatori, causati dall’utilizzo di sostanze proibite.
Certo, i controlli nel corso degli anni si sono moltiplicati, la battaglia al doping inasprita da normative sempre più stringenti, ma il sospetto è rimasto. Per ogni caso scoperto, infatti, ce ne sono molti altri che sfuggono, nascosti dietro giustificazioni mediche o protocolli poco trasparenti.

Testimonianza e retroscena
“C’era il caso doping, in Australia non ero a mio agio, i giocatori mi guardavano diversamente, non mi piaceva, era pesante vivere il tennis così“. Così Jannik Sinner, in una recente intervista al TG1. Per il numero uno al mondo non si è mai messo in discussione che si fosse dopato, ma ha dovuto patteggiare per chiudere un pesante capitolo della sua storia.
“Clostebol? In quel momento non ho capito bene, non sapevo nulla, me l’hanno spiegato per capire cosa era successo alle mie spalle. Poi abbiamo saputo da dove veniva la positività. Ho faticato ad accettare questo, non avevo fatto niente”. Acqua passata, fortunatamente. Ora è tempo di vedere sorridere Sinner e applaudirlo per le sue giocate, senza più parlare di uno dei mali dello sport in generale che aleggia ogni qualvolta si sente parlare di medicinali, creando ormai la cultura del sospetto.