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“Per marcarlo lo prendevo per le p…”: Bergomi fermava così il rivale | Scorrettezza innata

Beppe Bergomi
Beppe Bergomi, difensore dell’Inter – ansa – IlPosticipo.it

Beppe Bergomi rivela una clamorosa usanza dei difensori nel calcio anni ’90. Lui il primo a utilizzare una scorrettezza innata.

Si fatica a concepire il nuovo calcio. Che il VAR e la Goal Line Technology siano necessari, soprattutto per gli spettatori che guardano la tv e per il regolare svolgimento delle partite, ci sta. Non si può tornare indietro. Su questo bisogna essere per forza tutti d’accordo.

Ma ciò che criticano tutti è l’ormai famigerato protocollo con il quale l’AIA ha deciso di stravolgere il gioco stesso. Troppa discrezionalità, un regolamento scritto e deciso da chi in fondo non ha mai giocato a calcio. Decisione che nessuno capisce: dai giocatori agli allenatori, passando per gli spettatori scelti.

Si deve ancora entrare nell’ottica di non esultare per un gol, perché per questioni di millimetri o di quella inaccettabile discrezionalità arbitrale può essere annullato. Si deve ancora capire la regola generale del fallo di mano, di chi arriva prima ha sempre ragione.

Tanta, troppa confusione. Quasi, quasi, era meglio quando si stava peggio, quando i difensori erano i dominatori dell’area, quando tutto era permesso. Quando non c’erano le telecamere a fare le pulci ai difendenti. Almeno fiché non venga trovato un protocollo uniforme e stabile per le situazioni di gioco che in primis coinvolgono i giocatori, non gli arbitri.

Cosa è cambiato

Ormai un difendente in area non sa più che fare. Deve correre, scivolare, muoversi con movimenti innaturali, perché il braccio deve stare attaccato al corpo, perché ciò che era definito semplicemente pestone, adesso è oggetto di revisione arbitrale, contorta nell’ambito dello step on foot.

Non c’è una regola ben precisa al riguardo, lo può dire solo il VAR, che cambia a seconda di dove è stato preso il pestone, di come è stato dato. Prima non c’erano di questi problemi. Un difensore era libero di fare ciò che voleva nei confronti dell’avversario di turni.

Marco Van Basten
Marco Van Basten con la maglia del Milan – ansa – IlPosticipo.it

La testimonianza di Bergomi

Capita spesso che, durante il Club di Fabio Caressa o nelle serate di Champions con la Masolin, icone del calcio che fu come Alessandro Costacurta, Giancarlo Marocchi, ma anche Paolo Di Canio, Esteban Cambiasso, Luca Marchegiani, Alex Del Piero fino ad arrivare a Don Fabio Capelli, rivelino episodi ameni. Uno dei più clamorosi lo ha raccontato di recente Beppe Bergomi.

Lo Zio, uno degli eroi Azzurri del Mondiale 1982 aveva trovato dei trucchi per marcare attaccanti del calibro del Cigno di Utrecht. “Per fermare Van Basten gli pestavo piedi – ha rivelato – lo prendevo per le p… Oppure gli tiravo la maglia”. Nessuno se ne accorse, e nemmeno SuperMarco si è mai lamentato più di tanto. Non era meglio il calcio che fu che questo soprattutto con questo protocollo?