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Juve ultima italiana a vincere la Coppa Intercontinentale

Venti anni fa, la Juventus vinceva la Coppa Intercontinentale contro il River Plate grazie a un gol di Alessandro Del Piero. La Juve è stata l’ultima squadra italiana a vincere questo trofeo, che nel 2004 è stato sostituito dal Campionato...

Redazione Il Posticipo

Venti anni fa, la Juventus vinceva la Coppa Intercontinentale contro il River Plate grazie a un gol di Alessandro Del Piero. La Juve è stata l'ultima squadra italiana a vincere questo trofeo, che nel 2004 è stato sostituito dal Campionato Mondiale per club Fifa. L'edizione 1996 del trofeo, fu giocata in gara unica a Tokyo. La Juventus aveva superato nella finale di Roma l'Ajax ai calci di rigore, mentre gli argentini del River Plate erano reduci dalla vittoria in Coppa Libertadores contro l'América de Cali. A pochi minuti dal fischio finale, sugli sviluppi di un calcio d'angolo, Del Piero trovò lo spunto per insaccare il gol della vittoria. Oggi lo stesso ex numero 10 bianconero ha celebrato i 20 anni da quel gol, tradendo anche una certa emozione, pubblicando un estratto della versione giapponese del suo libro "Giochiamo ancora". Eccolo dal suo sito ufficiale:

Juventus-River Plate, 20 anni dopo. Oggi è una giornata speciale, ricordando quel 26 novembre 1996, quando quella squadra fantastica salì sul tetto del mondo. Quando si parla di gol importanti della mia carriera, cito sempre quello di Tokyo ai primi posti. Ha cambiato la partita, l'ha decisa, e ha cambiato anche un po' la mia vita e la mia carriera. Tra le tante cose che mi porto dietro di quel giorno, c'è uno splendido rapporto avviato con il Giappone e con i giapponesi. In questa giornata, su questo sito e sui miei Social, rivivremo un po' di quelle emozioni. Qui ho deciso di proporvi un pezzo della versione giapponese del mio libro "Giochiamo Ancora", c'è molto di quello che ho vissuto esattamente vent'anni fa.

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"Alessandro, in Giappone sono interessati a pubblicare il tuo libro “Giochiamo Ancora”. Cosa ne dici?". Non credo di avere neppure fatto finire la domanda. Ho sorriso e ho detto sì, con entusiasmo. Dentro di me ho pensato: ancora una vita la mia vita incontra questo Paese straordinario. Ogni volta che è accaduto, sono sempre successe cose speciali. La prima volta è stata nel 1996. Se dovessi indicare una vittoria che forse più di ogni altra sento mia sul piano individuale, sceglierei la Coppa Intercontinentale che la Juventus ha conquistato proprio a Tokyo il 26 novembre 1996, dopo aver sconfitto il River Plate. Perché c’è sempre una partita nella partita, quella che un giocatore disputa non solo contro l’avversario ma anche contro se stesso, contro i suoi limiti. In quell’occasione io ho provato la sensazione di poterli abbattere tutti, con quel gol segnato a pochi minuti dalla fine: la rete che valeva il titolo di campione del mondo per club. 

Così è nato il mio legame con il Giappone e con la sua gente. Da allora, anche a distanza, non ci siamo più persi. Ricordo bene il boato dopo il gol, la mia esultanza, uno stadio bianconero che sembrava il nostro, la premiazione, la coppa alzata al cielo. Ricordo la sensazione di totale appagamento: allora non potevo pensare a niente di più e di meglio di ciò che avevo ottenuto quella sera. A 22 anni appena compiuti mi ritrovavo con la coppa tra le mie braccia, dopo averla vinta con un mio gol decisivo, dopo essere stato nominato il migliore giocatore della partita, dopo avere conquistato in due anni tutto quello che c’era da conquistare con la Juventus: campionato, Coppa Italia, Champions League, Coppa Intercontinentale. 

Quando siamo tornati in hotel, dopo una lunga serata di festeggiamenti (e che festeggiamenti…) la Coppa fece il giro di tutte le stanze e alla fine si fermò nella mia, inizialmente soltanto per le foto di rito. Ma quando tornarono a riprendersela, in attesa di riportarla a Torino il giorno dopo, dissi che l’avrei “sorvegliata” io: «Non vi preoccupate, è in buone mani. Stanotte la Coppa dorme con me». E così andò. La tenni lì, al mio fianco. Come un bambino che non si vuole separare dal suo regalo più grande neppure per dormire, per non rischiare di svegliarsi e non trovarla più. E’ uno dei sogni più veri che mi sia capitato di vivere.

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