Torino, Milano, Firenze, Roma, prima quella biancoceleste poi quella giallorossa, Parma... e ancora Torino. La carriera di Diego Fuser è stata un sali e scendi lungo l'Italia simile a quello che ha caratterizzato le sue traiettorie in campo: l'ex centrocampista ha fatto il pendolino per una ventina di anni sulla fascia destra, mettendoci qualità e muscoli. Durante la sua carriera però non ha mai dimenticato il motivo per cui ha cominciato a correre da bambino nei cortili della sua Venaria Reale: il grande amore per il calcio. Aver giocato ad alti livelli non lo ha cambiato di una virgola. Oggi Fuser non ha smesso di pensare al pallone, anche se lo guarda decisamente da un'altra prospettiva.
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Fuser: “Il mio amore dopo il calcio? Le macchine radiocomandate. Buffon alla Juve non si sentiva più numero uno. Al Milan la colpa non è di Gattuso, il problema è che…”
Tatticamente duttile come pochi, uno di quei giocatori che sapevano rendersi indispensabili per qualità delle giocate e numero di chilometri macinati. Oggi Diego Fuser guarda il calcio da un’altra prospettiva, ma non ha smesso di amarlo...

Diego, le manca giocare a calcio?
Sicuramente, mi manca al 100%. Smettere però è stato meno difficile di quello che pensassi. Dopo il calcio non mi sono mai fermato: ho pensato ai miei hobby e questo mi ha aiutato. Volevo dedicarmi a qualcosa di diverso, sono riuscito a farlo e sono contento.
A che cosa si è dedicato?
Da bambino avevo un passione per macchinine radiocomandate quindi ho deciso di costruire un miniautodromo. È un'attività molto grossa, mi ha impegnato parecchio e così non ho più pensato al calcio. Sono stato un po' tranquillo.
Si era stancato del calcio? Consuma mentalmente?
Direi di sì soprattutto se hai fatto la stessa vita per tanti anni. Quando giochi in grandi squadre sei impegnato con le coppe in settimana e nel weekend c'è il campionato. Senza dimenticare la Nazionale. All'epoca il tempo libero era veramente poco. Se giochi ad alti livelli sei veramente tanto impegnato e non hai mai un po' di spazio per te.

La sua famiglia è juventina, lei però è cresciuto nel Torino...
Ai miei tempi la squadra che vinceva di più era la Juve quindi da bambino era normale che fossi un tifoso bianconero, ma giocavo nelle giovanili del Torino ed ero sempre un po' combattuto. Per me il Toro è stata una seconda famiglia, ho iniziato a giocare lì fin da piccolo e ho fatto tutta la trafila fino alla Serie A. È stata una seconda casa, la società che mi ha insegnato i veri valori e penso che questa sia la cosa più importante.
In passato lei ha giocato nel Grande Milan: come vede quello di oggi?
Oggi in generale è cambiato tutto il calcio secondo me: è diverso anche il modo di essere giocatore. Sui social si sa subito quello che hai fatto, appena fai un gol te lo metti su Instagram o di qua o di là. Nonostante questo alla fine la differenza la fanno sempre i giocatori. In quel Milan c'erano grandi calciatori, in questo Milan ce ne sono, ma evidentemente non basta.
Il Milan ha fatto tanta fatica nelle ultime settimane: colpa di Gattuso?
No, perché io sono sempre dell'avviso che ci vuole un bravo allenatore, ma che servono anche dei grandi giocatori e soprattutto delle grandi persone perché sennò non vai da nessuna parte. L'allenatore non può fare la squadra, i giocatori lo devono aiutare: è sempre stato così e sarà sempre così.

Lei ha giocato nella Lazio: rammarico per essere partito prima della vittoria dello Scudetto?
Dico di no perché io col Parma poi ho vinto di più (ride, ndr)... Un po' in realtà mi è dispiaciuto perché quando ero arrivato io, la Lazio era una squadra rifondata, c'erano tanti giovani, la società puntava ad andare ad Europa, ma poi non ci riusciva. Con l'arrivo di Sergio Cragnotti è nata una nuova Lazio. Effettivamente sono partito nel momento più bello, ma ci avevo messo l'anima...
Perché è andato via dalla Lazio?
Non si respirava più una buona aria. Poi c'era un'offerta per me: il Parma mi cercava da un po' di anni, ha avanzato una proposta allettante e la Lazio non ha fatto niente per trattenermi. Avevo 29 anni: forse la dirigenza ha pensato che magari a una certa età i giocatori iniziano a mollare fisicamente o sotto altri aspetti. Invece a Parma ho fatto tre anni bellissimi, mi sono tolto tante soddisfazioni e ho giocato con tanti campioni: era una grandissima squadra. Dopo la Lazio mi è andata bene.

Al Parma ha giocato con Buffon: dopo l'addio alla Juve, ha scelto di andare al Psg. Gigi ha fatto bene?
A volte una squadra magari ti vuole ancora, ma allo stesso tempo capisci che è disposta a prendere in considerazione altre alternative. Se Buffon non ha chiuso alla Juventus significa che aveva le sue motivazioni: forse non lo facevano più sentire il numero uno. A quel punto lo senti, è inutile negarlo... E magari preferisci andare a fare un'esperienza altrove. Secondo me Gigi ha fatto benissimo ad andare in Francia un anno fa. È giusto cambiare ogni tanto.
Lei ha giocato con la Roma: come è stato accolto dai tifosi giallorossi dopo il passato laziale?
Molto bene. La Roma aveva vinto lo Scudetto l'anno prima che io arrivassi. Capello mi aveva detto di raggiungerlo: io e Cafu a destra ci saremmo alternati e avremmo fatto la Champions. Quell'anno siamo arrivati secondi e quando arrivano i risultati passa tutto in secondo piano. I tifosi della Roma non mi hanno mai detto niente per il mio passato.

Lei ha giocato con quasi tutte le pretendenti al quarto posto: chi può soffiare il posto all'Atalanta?
È una bella lotta. Poi il calcio in questo periodo è veramente strano: basta vedere quello che è successo in Champions quest'anno... Spero tanto che il Torino possa arrivare quarto con un miracolo: mi farebbe piacere per i tifosi, per chi ha speso per tirare avanti, qualche tempo fa la società stava sparendo... Le altre sono un po' tutte sullo stesso livello.
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