Dopo il calcio lei ha cominciato a fare il pescatore: come è nata questa sua nuova professione?
interviste
Vannucchi: “Il mio addio all’Empoli con l’amaro in bocca. Oggi faccio il pescatore e il modello per la mia linea di abbigliamento. Quante gioie ho regalato al fantacalcio”

Ho trasformato in una professione la pesca, che era l'altra mia grande passione da quando ero bambino. Stiamo rivoluzionando il settore portando principi semplici e sani, la gente ci sta seguendo in massa quindi gli sponsor e le aziende ci hanno blindato. Io e il mio socio Gianfranco Monti ci divertiamo: lui è un tifosissimo fiorentino, è un comico toscano, ha lavorato per le "Iene" ed è un personaggio conosciuto. Insieme sembriamo un po' Sandra e Raimondo. I nostri filmati vengono visti da bambini e adulti. Se scattiamo una foto su un fiume, mezz'ora dopo ci sono persone dietro di noi che ci salutano. Ci riescono a trovare anche se non abbiamo detto a nessuno dove siamo.
Col progetto "Buona Pesca" siete anche sbarcati in televisione...
Abbiamo girato delle serie per Sky. In televisione però non si potevano dire parolacce e non si potevano fare tante altre cose allora abbiamo ringraziato e siamo tornati su internet, dove siamo liberi di fare quello che vogliamo sempre nel rispetto delle regole. Al toscano però ogni tanto scappa qualche imprecazione simpatica: è il nostro bello.
Tra calcio e pesca c'è qualcosa in comune? Chi pesca deve avere molta pazienza...
No, perchè chi sa pescare capisce le situazioni e sa come portarla a casa in certe circostanze. Però provi grande soddisfazione per un bel gol come per un grosso pesce: una grande rete può essere paragonata a una cattura da record.
Ha coinvolto anche alcuni colleghi nella pesca?
Quando giocavo all'Empoli organizzavo il torneo di squadra a coppie al laghetto: era un momento di grande aggregazione, i ragazzi si divertivano come matti. Con Gianfranco abbiamo portato altri giocatori a pescare con noi, ma è un po' complicato farglielo fare perché oggi molti di loro sono vincolati alle società. Se vengono a pescare con noi poi siamo costretti a girare filmati oscurando i loro volti. Sono vincoli stupidi perché è un progetto di due amici che cercano di incentivare questa passione: non è un business, recuperiamo solo qualcosa con cui pagare le spese e ci avanzano giusto due soldi da tenere in tasca. Facciamo il camp per i bambini e per gli adulti, siamo un'associazione.
Pescate solo in Toscana oppure anche altrove?
Giriamo la Toscana, poi abbiamo pescato in Austria. Quest'anno spostiamo il camp senior da Fiumalbo all'Austria: facciamo un camp dove prendiamo dieci genitori, li mettiamo sui pulmini e li portiamo a pescare per quattro giorni all'estero dove abbiamo tantissimi amici. Lì ci aspetta una famiglia italo-austriaca che ci ha adottato e ci ospita. Abbiamo pensato di organizzare una bella vacanza per le persone che vivono in Italia e che ci seguono, ma che non sanno cosa significa andare a pescare in un posto davvero naturale.
Ha portato anche il mister Gigi Cagni a pescare?
No, con Cagni non ci sono ancora andato. Il mister chiudeva un occhio quando scappavo di notte dal ritiro per andare a pescare: qualcuno scappava per andare a donne, io per andare a pescare. Prima di uscire chiamavo il mister per dirgli che stavo andando a fare la garettina al laghetto, lui mi diceva: "Va bene, ma non farti beccare".

Lei oggi fa l'imprenditore e gestisce una linea di abbigliamento tutta sua: come è nata questa idea?
Si chiama il bomber.it ed è nato tutto quando giocavo all'Entella verso la fine della mia carriera. Su Facebook era nata la pagina "Chiamarsi bomber senza apparenti meriti sportivi": io avevo girato dei video in giardino coi miei bimbi e loro li avevano ripresi e mi avevano chiesto di fargli un saluto. Sono diventato un po' il bomber per tutti, anche se io c'entravo poco coi bomber perché di gol ne ho sempre fatti pochi, semmai facevo assist. Ho sviluppato il concetto di bomber in maniera diversa: il mio bomber non è quello coi soldi che va a donne in discoteca, ma è quello che c'è dentro noi stessi. Ognuno deve impararlo a tirarlo fuori. La mia linea di abbigliamento spinge l'individuo ad essere bomber nella vita di tutti i giorni e ad essere se stesso senza troppe paranoie.
Lei si diverte a fare anche un po' il modello...
Sì, faccio tutto da solo. Quando la gente mi scrive pensa di contattare il segretario, invece rispondo io. Quando dico che sono Ighli, le persone non ci credono e allora mi tocca scattare una foto per mandarla o fare una videochiamata. Io gestisco il sito e spedisco i capi di abbigliamento, contatto i clienti e risolvo le situazioni, scelgo anche il materiale.
Lei oggi fa il pescatore e il modello, da calciatore però regalava grandi gioie al fantacalcio...
Sì, ho dato grandi gioie. Nel mio caso il rapporto qualità-prezzo era molto favorevole: acquistarmi era una bella mossa. Oggi alcuni mi dicono ancora che gli ho fatto vincere il fantacalcio, questa cosa va avanti. Negli ultimi anni all'Empoli andavo via subito, col tempo si è alzato il mio prezzo e comprarmi non era più così facile.
Come mai si chiama "Ighli"?
È un nome ispirato a "Cime tempestose". "Ighli" sta per "Heathcliff": quando sono nato, la mia mamma si era invaghita del protagonista e ha deciso di italianizzare il nome chiamandomi così.
Come l'ha presa sua madre quando le ha detto che voleva fare il calciatore?
Mi ha sempre seguito passo dopo passo nella mia carriera e lo sapeva: sarei andato a giocare a pallone oppure avrei fatto il pescatore. Non c'erano molte alternative.
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