Come è stata la sua infanzia? Quando ha cominciato a giocare a calcio?
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Ho iniziato quando avevo 4 anni. Mio fratello andava a giocare a calcio a 5 e i miei mi portavano con loro: nel campetto affianco iniziavo a fare i miei primi passi col pallone. La mia infanzia è stata meravigliosa perché sono riuscito a fare tutto quello che un bambino poteva fare all'epoca: giocare per le strade oppure in casa e stare con gli amici, ma sono riuscito anche a fare i miei allenamenti e le mie partite ogni sabato e domenica. Sono sempre stato in porta. Una volta in una categoria più grande si è ammalato un ragazzino che faceva il portiere e allora hanno chiesto a mio papà se potevo giocare in porta: mi hanno messo tra i pali e da quel momento in poi non sono più uscito dall'area di rigore.
Come era la sua famiglia?
Semplice. Mia mamma era una casalinga, mio papà era un operaio e faceva sacrifici immensi per darci tutto quello che ci serviva. In famiglia non ci è mai mancato nulla. Mio papà è stato un grande in tutti i sensi: faceva il suo lavoro e tutto quello che serviva per portarci a vedere le partite. Abbiamo avuto una vita fatta di semplicità e di sacrifici: questa cosa è stata buona sia per me che per mio fratello. Io sono nato a Guarulhos, una città satellite di San Paolo che oggi è cresciuta tanto ed è una delle più grandi di quella zona del Brasile.
Il percorso di suo fratello maggiore Zé Elias ha condizionato la sua carriera? È stato lui a farle venire la voglia d'Italia?
Secondo me è stato tutto naturale. Lui mi ha ispirato tanto perché è andato via di casa a 19 anni per giocare in Germania: poi ho visto tutto quello che lui è riuscito a conquistare in campo, ha ricevuto tanti riconoscimenti. Per me Zé Elias è stato una fonte di ispirazione. Io ho cominciato a giocare in Brasile, poi sono arrivato in Europa e nella finale di Coppa di Portogallo mi ha notato un osservatore del Genoa: così è partito tutto.
Lei ha giocato con Dida al Corinthians: che cosa ricorda?
Quando è ritornato nel 2001 io ero già in prima squadra da un anno. Dida mi chiedeva sempre di fare lavoro-extra con lui prima e dopo gli allenamenti: correvamo un po', ci esercitavamo sui rigori e sulle prese alte e basse. Restavamo in campo finché lui aveva energia. Dida è stato uno dei portieri più importanti per noi in Brasile: ha iniziato a giocare giovanissimo, nel '92-'93 era il portiere della Nazionale Under 20. Quel lungagnone che sembrava un gatto mi ha impressionato. Dida giocava nel Vitória: nel '93-'94 ha sfidato mio fratello e ha parato di tutto. Dida è sempre stato un riferimento per noi in Brasile.
Che cosa ricorda del suo arrivo in Italia? Come è stato il suo rapporto col Genoa?
È nato tutto velocemente. Io stavo per rinnovare col Vitória Setubal, a un tratto un mio amico procuratore mi ha chiamato per chiedermi se volessi trasferirmi in Italia al Genoa che era una buona squadra, ma avrebbe disputato la Serie B. Io gli ho detto che stavo per rinnovare in Portogallo, ma che ero disposto a spostarmi in Italia per una proposta migliore. Il Genoa mi aveva offerto un contratto da un anno: io ho fatto il ritiro, ma il giorno della firma mi hanno proposto un triennale. Io sono rimasto sorpreso e contentissimo. Avevo capito che Genova era una piazza importante e bellissima, che mi ricordava tanto la mia tifoseria in Brasile. Ho lavorato col preparatore dei portieri Gianluca Spinelli: è un grandissimo, siamo stati insieme per 3 anni e ogni giorno mi ha insegnato qualcosa. È stato un amore a prima vista.
Nel 2008-09 lei hai disputato una stagione strepitosa con Gasperini, Diego Milito e Thiago Motta: che cosa ricorda?
Il mister mi urlava quando sbagliavo i passaggi in allenamento, ma ricordo che a volte ci siamo trovati ad Arenzano a mangiare nello stesso ristorante: Gasperini mi chiedeva di sedermi sempre al tavolo insieme a lui e sua moglie. Mi trattava come un figlio. In allenamento il mister era uno esplosivo, ma fuori del campo era un signore, un uomo molto educato, una brava persona e un ottimo papà. Qualche giorno fa l'ho visto ad Arenzano con il nipotino. Non dimenticherò mai Gasperini. Quella stagione è stata la più bella in assoluto per me e per gli altri giocatori: siamo arrivati quinti, ma abbiamo lottato con la Fiorentina fino all'ultimo per andare in Champions. Eravamo talmente forti che giocavamo testa a testa con tutte le squadre: tutti avevano paura di incontrare il Genoa in quella stagione lì. Gasperini ci caricava: quell'anno ce la potevamo giocare con chiunque.
Ha qualche aneddoto legato a Milito?
Quell'anno Diego si era fatto male contro l'Atalanta nel riscaldamento ed era rimasto fuori per un po' di tempo. Quando è tornato ad allenarsi, il mister ha programmato una partitella a undici: io ero in porta con la Primavera. Ogni volta che Diego veniva a tu per tu con me non riusciva a fare gol. A un tratto dal nulla Gasperini fischia un rigore, tutti ci siamo guardati e chiesti che cosa avesse fischiato: il mister ha detto che era rigore e che doveva tirare Diego. Lui tira, io lo paro. Dopo 5 minuti un altro rigore: tira ancora Milito, l'ho parato di nuovo. Il mister però ha detto che mi ero mosso troppo in avanti rispetto alla linea di porta e che si doveva ribattere. Avevo capito che cosa voleva fare Gasperini: mi sono buttato dall'altra parte e ho fatto segnare Diego. Dopo il mister mi ha preso un po' in giro: mi ha confessato che voleva far segnare Diego, ma che me lo avrebbe dovuto dire prima della partitella per farla finire prima.
Oggi il Genoa è un po' in difficoltà: pensa che ce la farà a salvarsi?
Lottano tanto fino alla fine, ma pareggiano spesso oppure perdono. Sono contento che sono riusciti a vincere a Bologna. La situazione è difficile perché occupano una brutta posizione. Però ho imparato a non dare mai il Genoa per morto. Lotteranno fino alla fine. Io ho vissuto delle stagioni peggiori coi rossoblù: nel 2017 io ero ritornato e avevamo vissuto una stagione simile a quella di quest'anno. Mi auguro che il Genoa possa salvarsi.
Lei è un grande appassionato di boxe: come è nato tutto?
Nel 2017 ero a Genova senza contratto. Un giorno mentre stavo facendo palestra un ragazzo mi si è avvicinato e mi ha invitato a fare allenamenti di boxe. Ho scelto di farlo per scaricare tutte le tensioni che avevo all'epoca. Sono andato nella palestra di Enzo Celano all'inizio solo per vedere qualcosa, ma me ne sono subito innamorato. Ho fatto quasi 40 giorni di allenamenti con loro per 2-3 volte a settimana. Arrivavo a casa sfinito perché facevamo tante cose: si correva tanto e si facevano piegamenti addominali. Dopo andavi al sacco per scaricare: mi porto nel cuore quel periodo della mia vita. Da ragazzino avevo fatto 2-3 anni di judo, ma non mi faceva impazzire. La boxe invece aiuta a scaricarsi: già dopo due o tre pugni al sacco ti senti più rilassato.
Le piace Mike Tyson?
Sì, da ragazzino sono rimasto spesso sveglio fino a tarda notte con mio papà per vederlo combattere. A volte aspettavamo fino alle 2 di mattina: spesso Tyson batteva l'avversario in 15 secondi e allora andavamo tutti a nanna.
Ha ancora un sogno nel mondo del calcio?
Sogno di continuare a fare bene anche adesso che esercito un'altra professione. Sogno che il mio nome continui ad avere la credibilità di quando ero giocatore. Quando costruiamo una carriera è difficile conquistarsela. Vorrei che tutte le persone che mi conoscono e che quelle che avrò piacere di conoscere mi prendano come una persona seria e credibile. Questo è il mio sogno nel cassetto. Voglio continuare a fare bene ed essere una persona credibile.
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