interviste

Rambaudi: “Via dalla Lazio per colpa di Eriksson. Zeman? Manca, nel bene e nel male. Mi rivedo in Callejon e a Mihajlovic ho detto che…”

"Rambo" non ha mai smesso di pensare al pallone. L'ex allievo di Zdenek Zeman al Foggia e alla Lazio è un pensatore del calcio nato: fino a una ventina di anni fa lo viveva sulla sua pelle, oggi invece lo insegna ai ragazzi e si diverte a...

Redazione Il Posticipo

Chi lo dice che l'unica cosa che conta sia solo colpire l'avversario? Per Roberto Rambaudi è sempre stato importante anche come arrivare in porta, proteggere un'idea e mettercela tutta per vederne i frutti. Foggia, Bergamo, Roma: "Rambo" non si è mai risparmiato ovunque è stato. Zdenek Zeman è stato il suo grande maestro, Sinisa Mihajlovic continua ad essere un suo amico e Roma è la sua città eterna, quella in cui ha scelto di trascorrere la sua seconda vita. Dopo il ritiro "Rambo" ha fatto un passo oltre la linea di bordocampo e si è seduto sulla panchina delle giovanili della Lazio, poi del Latina, della Viterbese e infine dell'Astrea e della Luiss, dove ha potuto fare calcio sempre mettendo in gioco le sue idee. Le stesse che si diverte a spiegare ai telespettatori nei panni di commentatore.

Roberto, le manca giocare a calcio dopo un po' di anni?

Mi manca, quando vado a commentare le partite mi ritorna la voglia di giocare, però ogni cosa ha il suo tempo. Il calcio è stato la mia vita. Mi mancano il campo, lo stadio, le partite. Per giocare però bisogna essere all'altezza.

Come era il suo calcio rispetto a quello di oggi?

Il mio calcio era fatto di passione, giocavamo dieci ore al giorno ai giardini, all'oratorio, per strada. Il calcio di oggi è diverso perché sono cambiate le abitudini dei ragazzi, che giocano nelle scuole calcio per due o tre ore a settimana. Noi giocavamo dappertutto e il calcio lo vivevamo in maniera diversa: la strada era la nostra palestra, l'oratorio era la nostra scuola calcio. Oggi i futuri calciatori preferiscono giocare alla Playstation o stare davanti al computer nel tempo libero. La tecnologia è avanzata e ha cambiato la nostra vita, ma le passioni andrebbero coltivate con la pratica.

Come vede i social e il calcio?

Io non sono uno molto tecnologico, preferisco sempre carta e penna a tutto il resto... I social sono belli, ma allo stesso tempo se ne parla un po' troppo secondo me.

Lei è stato un grande protagonista del Foggia di Zeman: uno come lui manca al calcio italiano?

Zeman è unico nel bene e nel male, coi suoi pregi ed i suoi difetti. Penso che allenatori così ci vogliano e che manchino quando non ci sono. Zeman viene amato nel bene e magari, tra virgolette, viene odiato da qualcun altro. Allenatori come lui mancano perché sono insegnanti di calcio. In quel Foggia siamo arrivati e cresciuti tutti insieme: noi, l'allenatore, la società e la città. Ci sono tanti piccoli episodi che ci legano.

Lei è stato anche all'Atalanta: che cosa ricorda dei suoi anni alla Dea?

A Bergamo ho conosciuto la Serie A al di fuori di Foggia e ho avuto due allenatori molto preparati come Lippi e Guidolin, che sono andati a calcare palcoscenici più importanti. Poi è arrivato Prandelli e c'era Percassi presidente, gente che c'è ancora adesso e che sa fare calcio. L'esperienza all'Atalanta mi è piaciuta come tutte quelle che ho fatto, nel bene o nel male.

Quando lei è andato alla Lazio ha ritrovato Zeman...

Il mister mi aveva voluto fortemente, nonostante avessi ricevuto altre proposte. Ho scelto di seguire Zeman e mi sono legato molto a Roma, dove sono rimasto a vivere, e alla stessa Lazio. A Roma ho vissuto il calcio come in nessun altro posto forse, a parte a Foggia dove c'era tanta passione all'inizio. A Roma il calcio si vive 24 ore su 24, ci sono tante radio, tante televisioni e tanta rivalità tra le squadre vissuta quotidianamente. È stato bello vivere certe situazioni, ma non è una città per tutti: giocare nella Lazio o nella Roma non è semplice perché, a parte qualità tecniche e fisiche importanti, devi essere forte anche a livello mentale, altrimenti non resisti.

Lei ha vinto una Coppa Italia e una Supercoppa italiana con la Lazio e nel 1998 è andato via: le sarebbe piaciuto restare più a lungo?

Mi avrebbe fatto piacere, ma avevo avuto qualche problema con Eriksson e ho preferito andar via.

A Roma lei ha conosciuto Mihajlovic: vi siete sentiti in questi giorni così particolari?

Ci siamo sentiti dieci giorni fa e non sapevo che cosa fosse successo, è stato un fulmine a ciel sereno... Mi dispiace, ma gli ho mandato un messaggio per dirgli che il cervello vuol dire tanto in queste situazioni. Sinisa ha la testa giusta per combattere questa malattia.