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Fresi: “Juventus-Inter ’98? Hanno visto tutti… Nel calcio non si dice mai la verità. Su Conte all’Inter polemiche inutili”

Pulito in campo, trasparente fuori: per l'ex interista Salvatore Fresi la coerenza e la libertà di pensiero sono sempre state tutto. Proprio questo lo ha spinto a fare calcio nella sua seconda vita con un punto di vista diverso rispetto a quando...

Redazione Il Posticipo

(Photo by Marco Luzzani - Inter/Inter via Getty Images)
(Photo by Bongarts/Getty Images)

Ci sono "seconde vite" che proseguono sulla stessa lunghezza d'onda delle "prime vite" e altre che rappresentano invece un taglio piuttosto netto: questo è il caso di Salvatore Fresi. L'ex difensore ha vinto gli Europei Under-21, la Coppa Uefa con l'Inter, un campionato e due Supercoppe italiane con la Juventus. Quel calcio però non gli manca. L'ex giocatore sembra un ragazzino nonostante abbia 46 anni e per questo ringrazia le scelte che ha preso dopo aver smesso col calcio giocato. Fresi ha deciso di allenare i bambini, che continuano a farlo sentire giovane. Smettere ha significato tante cose per Fresi. Ma soprattutto poter dire la verità dopo una "prima vita" passata tra qualche frase fatta di troppo e verità rimaste irrivelate.

Salvatore, le manca giocare a calcio?

No, assolutamente no. Non mi manca per niente. Anzi a volte mi sembra quasi di non essere mai stato un calciatore.

Come è stato smettere di giocare?

Non è stato difficile perché ho fatto subito altro: prima il golf per 6 o 7 anni, poi mi sono dedicato ai bambini della mia scuola calcio. Dopo aver smesso di giocare, mi sono sempre tenuto impegnato.

Come vede i difensori di oggi? Che cosa è cambiato rispetto a quando giocava lei?

I calciatori di oggi sono tutti fisicamente perfetti, sono modelli palestrati. Questa è la differenza più importante: sono molto fisici e molto alti.

Lei è passato dal ruolo di difensore a quello di centrocampista: questo cambio l'ha sfavorita?

L'ho cambiato con Roy Hodgson all'Inter nel 1996-97, ma questa cosa mi ha penalizzato sicuramente. Giocare fuori ruolo non è stato il massimo.

Lei è cresciuto nella Salernitana prima di passare all'Inter: che cosa ricorda?

Per me la Salernitana ha significato tantissimo: tutto quello che sono oggi lo devo a questa squadra. L'Inter è stato un sogno per me, che la tifavo da piccolino e sono fortunato ad averci giocato. Oggi lavoro coi bambini della mia scuola calcio e siamo affiliati all'Inter quindi la collaborazione col mio vecchio club è rimasta.

 (Photo by Gerd Scheewel/Bongarts/Getty Images)

Ha un ricordo particolare di Ronaldo?

Ne ho tanti, ma quello che mi impressionava di più era quando eravamo nel sottopassaggio: lo guardavano tutti e io me la ridevo sotto i baffi perché non sapevano che cosa li aspettava, per gli avversari erano nei guai. Era bello avere Ronaldo come compagno, mai come avversario.

Lei era in campo in Juventus-Inter del 1997-98 finita tra mille polemiche: che cosa ricorda?

È una cosa indelebile: quello che era successo era sotto l'occhio di tutti, tutti lo hanno visto e anni dopo hanno scoperto come sono andate le cose. Fa male perché quell'anno l'Inter era la favorita per vincere lo Scudetto, ma alla fine non è andata cosi e ci siamo rimasti male. Avevamo una bella squadra e un sacco di punti di vantaggio, ma ci siamo ritrovati a perdere il campionato alle ultime giornate.

 

Che cosa ha significato e significa Gigi Simoni per il calcio italiano?

Simoni è stato l'allenatore italiano nel vero senso della parola, perché faceva giocare le sue squadre all'italiana. Era una persona molto umana e parlava con tutti. Nel 1998-99 sono andato via dall'Inter in prestito per un anno alla Salernitana: ero giovane e ho scelto di partire per giocare in A con continuità. Forse sarei dovuto restare all'Inter, ma ero testardo e volevo giocare a tutti i costi titolare. Non mi sono pentito di essere andato a Salerno, ma restare in una grossa squadra è sempre un vantaggio per un giovane, in fondo per scendere di categoria c'è sempre tempo.

Simoni è stato il simbolo dell'interismo che si è battuto contro la Juve: che cosa ne pensa?

Il mister ha anche vinto con l'Inter e riuscire a farlo non è da tutti. L'Inter è una piazza strana, quando mi chiedono come mai l'Inter non vince io non so che rispondere: c'è sempre qualcosa che non va, forse c'è qualcosa di sbagliato nell'aria. Col nuovo stadio magari la musica cambierà. Lo trovo strano perché l'Inter ha speso tanto negli ultimi vent'anni e ha fatto il Triplete, ma negli ultimi sessant'anni avrebbe dovuto vincere molto di più.

(Photo by Marco Luzzani - Inter/Inter via Getty Images)

Adesso è arrivato Conte: pensa che il mister riuscirà a normalizzare l'Inter?

Non ci metto la mano sul fuoco perché si diceva la stessa cosa anche quando Lippi è arrivato all'Inter, poi però non è stato così. L'Inter ha una testa particolare. Conte può farcela con la dedizione e con le sue regole forse riuscirà a individuare subito le mele marce della squadra. Conte deve capire quali sono i giocatori importanti e chi non va bene per l'Inter. Dovrà essere bravo a capire quali sono le persone giuste e far giocare bene la sua squadra.

Lei ha in comune con Conte l'esperienza all'Inter e alla Juve: come è stato accolto a Torino?

Sono stato accolto normalmente, è lavoro alla fine. Solo i tifosi provano astio quando c'è un trasferimento del genere. Penso che siano cose normali, anche i giornalisti passano da una testata all'altra. Non penso che ci sono quelli che vanno dall'Inter alla Juve o viceversa per far perdere la nuova squadra in cui sono arrivati. Sono chiacchiere inutili, da bar e da tifoso. Chi è un professionista non vuole perdere mai, vuole sempre fare bene.

 Mandatory Credit: Grazia Neri/Getty Images

Come è stata la sua esperienza alla Juventus?

Ci sono stato un anno e mezzo, sono arrivato a parametro zero. Forse la Juve voleva girarmi altrove, magari a qualche squadra con cui aveva più rapporti. Io mi sono rifiutato di spostarmi perchè venivo da Bologna dove avevo fatto cose buone e volevo restare a Torino: avevo cambiato squadra per andare in una grande, sennò sarei rimasto a Bologna. Forse alla Juve ho pagato quella scelta.

Alla Juve Del Piero l’ha contagiata con qualche sua passione...

Assolutamente, Alex mi ha fatto conoscere il golf e il sushi. Quando ero a Milano mi invitavano al ristorante per mangiarlo ed ero scettico, poi però ha cominciato a piacermi. Oggi lo faccio assaggiare ai miei amici e se ne innamorano. Nella vita bisogna prima di tutto provare le cose. Del Piero mi diceva di stare zitto e di provarlo: all'inizio non riuscivo a mangiarlo perché è un po' strano, poi piano piano ti abitui e oggi non posso farne a meno.

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