Questa volta è un'altra storia. Più ricca di contenuti. E non è un caso che arrivi la vittoria. Tre punti meritati in questa Nations League sempre più logorante. È un'altra Italia che ritrova il piacere di giocare e di divertirsi come lo è stato nel recente passato. Azzurri tornati creativi, tra trame apprezzabili e la solita siccità in attacco. Il centravanti resta un rebus e quando sarà risolto saranno applausi. La sensazione è comunque che qualcosa stia avvenendo perché se l'Italia riesce a esprimere quello che vuole esce quasi naturalmente un successo. I progressi sono significativi e vanno custoditi per renderli ancora più efficaci contro Inghilterra e Germania prima del rompete le righe. L'Ungheria non era un avversario facile, ma neanche così temibile come molti paventavano. Roberto Mancini può ritenersi soddisfatto, ma ancora non si fida e fa bene. La strada è lunga, oltre le sue rivoluzioni, ma se non altro è stata riacciuffata la capacità di creare gioco, ripartendo dalle giocate di chi lo aveva seguito fino alla conquista dell'Europeo. In definitiva segnali positivi. Dopo le sfide con Argentina e Germania, non era assolutamente scontato vincere perlopiù convincendo.

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L’Appunto
Tutti bravi, nuovi e vecchi. E note liete: il ritorno di Spinazzola, la certezza Barella, la coppia centrale Bastoni-Mancini (bene nonostante l'autogol). Calabria è affidabile, il lavoro di sacrificio dell'inedito tridente di attacco Gnonto-Raspadori-Politano è apprezzabile. Bene anche Cristante e Donnarumma capitano sempre presente. Ma la nota più interessante da analizzare è che nel recupero psicologico, tecnico, tattico e fisico degli azzurri a Cesena irrompe l'unicità di Lorenzo Pellegrini, che merita un'attenzione particolare. Il ragazzo scala posizioni, merita una titolarità continua. È uno dei pochi centrocampisti italiani capaci di leggere le azioni offensive e legare il gioco negli ultimi 40 metri con intelligenza e tecnica senza mai essere banale sia in costruzione che in appoggio. Conosce bene i tempi di gioco, è bravo nei ripiegamenti e nei posizionamenti. Ha tiro, personalità ed è cresciuto in agonismo. È, insomma, lui l'uomo "vecchio e nuovo" forse troppo sacrificato in passato, da aggiungere stabilmente nella ricerca spasmodica di questo nuovo cammino azzurro. Mancini riparta da lui, lì nel mezzo, nella trequarti o dove meglio crede. In fondo anche prima la forza azzurra era in mediana. Pellegrini, Verratti, Barella e Tonali insieme, al netto dei sistemi di gioco, si può fare. Magari così il centravanti di turno potrebbe beneficiare di più piedi ispirati e più palloni giocabili e trasformabili.
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