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Di Stefano Impallomeni. Gnonto da aggiungere e ancora molto da fare. Così a Bologna, nonostante l'impatto strepitoso del baby azzurro. Ma la Nazionale è una nazionale quando si riconosce in nomi certi, oltre le invenzioni di giornata.

Stefano Impallomeni

Gnonto da aggiungere e ancora molto da fare. Così a Bologna, nonostante l'impatto strepitoso del baby azzurro, classe 2003, che tra scatti, rincorse e un assist diventa la notizia della serata. Mancini ci riprova nella nuova scalata a una resurrezione di cui abbiamo un disperato bisogno e cala la carta che non t'aspetti. Il CT scuote gli azzurri ed escogita una nazionale inedita, nuova, in attesa di un senso. Rivoluzione. Dieci giocatori cambiati, dopo la magra figura contro l'Argentina, non possono bastare. E neanche la freschezza e l'incoscienza dei giovani rampanti può bastare. Perché è difficile intendersi subito, fare squadra quando giochi insieme per la prima volta, e perché crediamo che sia una situazione più legata al momento che a un vero cambiamento.

Contro la Germania è un esperimento riuscito a metà. Tutto qui. Gnonto di più e le solite ombre offensive. Bene il risultato, l'impegno, la volontà di reazione, Pellegrini, Cristante, Donnarumma e altre cose, meno bene il solito problema inerente la capacità di creare sufficientemente occasioni da rete. Neuer è praticamente inoperoso e i tedeschi, anche loro imperfetti, fanno la partita. In più c'è da considerare che questa Nations League, in coda alla stagione, non dica granché e che rappresenti più un intoppo che un viatico per riscattare una dimensione realistica di veri valori. I calciatori, insomma, non la amano e la sopportano a fatica. Basti vedere le sconfitte di Belgio, Francia e Inghilterra per farsi un'idea di quanto possa essere farlocco un certo tipo di considerazioni.

Il punto, per quanto ci riguarda, è stabilire cosa potremmo essere oltre gli esperimenti. La Nazionale non è una rappresentazione di nomi che cambiano in continuazione. Si cercano alternative, soluzioni e via dicendo e diciamo che va bene. Ma oltre il lancio e la scoperta di un frizzante Gnonto, scuola Inter esploso a Zurigo, bisogna capire dove e come ritrovare la buona competitività di un anno fa. Avanti con entusiasmo e cercando di fare meglio. Ma non commettiamo l'errore di sederci dalla parte della ragione che poi però si può trasformare in un torto. E vale a dire non scadiamo nella solita retorica delle favole da raccontare o delle storie personali da estendere nei particolari che devono interessare il giusto.

Occorre non esaltarsi e non deprimersi e criticare anche chi avevamo correttamente esaltato mesi fa. Non è una retromarcia, ma una consapevole presa di coscienza affinché le cose migliorino. E ricordandoci che questa Nazionale vista a Bologna, al netto di un migliore entusiasmo e di una ammirevole applicazione, non è meglio di quella vista a Londra contro l'Argentina. Che Mancini medi tra sogni, visione e la cruda realtà. E trovi al più presto la quadra. 44 esordienti durante la sua gestione non sono un merito ma la fotografia dello stato incerto e poco sicuro della situazione. La Nazionale è una nazionale quando si riconosce in nomi certi, quasi sempre i soliti, oltre le invenzioni di giornata.