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Di Stefano Impallomeni. Lassù non si non vola più, con un altro giro senza accenti e con vertigini preoccupanti. Siamo nella fase di un torneo in cui non esistono certezze e vantaggi sicuri.

Stefano Impallomeni

Lassù non si non vola più, con un altro giro senza accenti e con vertigini preoccupanti. È un venerdì di paura che potrebbe lasciare il segno e allargare il sogno. Lo scudetto, improvvisamente, è il porto delle nebbie, perché non si vede e non si capisce granché, in attesa della risposta di un Napoli rintronato dal Barcellona in Europa e domani all'esame dell'ex maestro Sarri. Un bel rebus, insomma, e un mal di testa senza gaudio. Il Milan e l'Inter sfarfallano e le certezze evaporano tra collettivi usurati, poco dinamici e stancamente prevedibili. Pioli e Inzaghi hanno problemi, anche Spalletti li ha. Li hanno tutti. Dal primo all'ottavo posto è un'occasione persa quasi sistematica, grazie a una forza diversa delle squadre medie-piccole, che sanno ribaltare i pronostici con un calcio che ti prende di petto e ti logora i muscoli tra corsa, organizzazione e pressing diretto.

Lo scudetto, insomma, assomiglia sempre di più a un fiume da corrente calma, molto tranquillo e navigabile addirittura dalla Juventus, che in caso di vittoria a Empoli, almeno numericamente, potrebbe sperare in un recupero miracoloso per mancanza di leadership riconosciute e poco consistenti. Allegri fiuta l'affare e afferma che il titolo sarà aggiudicato a 85 punti. Probabile, forse meno e in buona sostanza non certo come il suo campionato, perché è una giostra di cose comuni in cui quasi tutti vivono nell'errore e nella normalità, oltre un conteggio di punti e dove, forse, i ritardi si pagheranno oltremodo. Tutto molto appiattito verso un agonismo standardizzato e sbattuto sul campo da parte del medio-basso livello del nostro campionato. Chi corre, sta bene, può pensare di far festa, qualsiasi sia la posizione in classifica e qualsiasi sia l'obiettivo. Siamo nella fase di un torneo in cui non esistono certezze e vantaggi sicuri.  È un nuovo fenomeno del nostro calcio, inchiodato su parametri impazziti e valori assoluti tornati in discussione. Un calcio strano, ma avvincente, popolare, coraggioso, aperto a tutti. Ognuno cerca se stesso in ogni giornata, perdendosi o ritrovandosi, a volte irriconoscibile o lontano parente di quel che aveva dimostrato di valere, perché spesso si incontrano clienti scomodi e chiassosi, che ti ridimensionano tesi consolidate e poi smentite puntualmente sul campo. In tutto questo caos, però, c'è sempre una testa da considerare. E allora proviamo a notare le piccole differenze in risultati uguali.

L'Inter stenta a segnare, ma fa la sua partita. Si agita nervosamente, vive il momento no e combatte per superarlo. Ci prova e per ora non ci riesce. Lautaro Martinez è la fotografia di questo nuovo limite. Il Milan, diversamente, delude nel mantenere la prestazione, che gli sfugge nei novanta minuti. E così fatica ad esprimersi completamente: se non è intenso perde convinzioni, è più vulnerabile, distante dai suoi punti di forza che si trasformano al tempo stesso nei suoi punti deboli. Aspettando il vero Ibra, Leao non sembra bastare. Gli altri fanno benino, pochino e a velocità normali. Da oggi i calciatori dovranno sostituire gli allenatori, quei calciatori in grado di decidere le partite. Giroud, Ibra, Dzeko, Lautaro, Osimhen, Vlahovic, Muriel, Immobile, Abraham, Piatek e altri bomber applicati: saranno loro gli uomini sui quali riporre le speranze di vittoria, allenatori a parte di cui si parla troppo spesso. A poche giornate dalla fine, le strategie o i sistemi restano tali, non i gol pesanti dei soliti noti che mancano spesso come l'aria. La sensazione è che vincerà non soltanto chi correrà di più, ma soprattutto chi farà più gol.

Capitolo Var. Sta diventando una sorta di rompicapo e uno strumento sempre più divisivo, specialmente tra gli arbitri che lo utilizzano male o non lo utilizzano affatto. Dipende dai casi e dalle rispettive capacità. Portiamo pazienza, ma fino a un certo punto. Il caso specifico di questo venerdì,  appena passato, rischia il ridicolo. Destiny Udogie a San Siro segna di mano il gol del pareggio per l'Udinese. È un gol evidentemente irregolare, visibile a occhio nudo anche senza l'ausilio della tecnologia. Lo sa lui, lo sanno tutti, senza bisogno di andare a rivedere l'azione, eppure arbitro e Var se lo perdono. Nessun richiamo, tutto sbagliato. Guardatevi l'esultanza di Udogie con riserva, che dice più di mille fotogrammi. Bastava vedere questo al Var per andare in fondo alla vicenda, come per tanti altri episodi di questo campionato (Roma e Atalanta penalizzate eccessivamente), che sotto questo aspetto è davvero incredibile e antipatico da commentare. Come sta diventando una vera impresa capire e leggere questa corsa lenta, dal passo pesante, verso uno scudetto che in molti vogliono ma nessuno riesce davvero a mettere nel mirino. Ecco perché segnare, fare gol, sarà fondamentale. Il triello mostra crepe. C'è bisogno di una sveglia, altrimenti la lotta rischia di allargarsi.