Non tradisce e risolve, Lionel. E risolve alla sua maniera con tutta la voglia del mondo di scrivere il suo nome in fondo a questa infinita storia che gli manca come l'aria. Messi fa Messi quando serve e quando deve, come Maradona, nel rispetto della sua grandezza. E lo fa per la prima volta in una partita a eliminazione diretta. Quel gol che non aveva mai segnato dal 2006 a oggi, alla sua quinta partecipazione in un torneo iridato. Roba da non crederci, eppure è così. Un gol, dunque, storico e simbolico che rappresenta la vera differenza che ci aspettavamo. Siamo ancora dentro il sogno.

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L’Appunto
Tappa superata
—È una tappa superata, ma è un segnale da afferrare nell'ultima chiamata del calciatore più forte del mondo. È bastato aver osservato come abbia cantato l'inno prima della sfida con l'Australia per rendersi conto che qualcosa di diverso, di ultimo, di profondo lo avvolgesse. Una postura meno timida del viso, lo sguardo fiero e gli occhi carichi di agonismo. Poi in campo ad indicare posizioni, invitare i compagni a trovare spazi da riempire o da coprire. E le solite linee corrette di passaggio da scegliere. Gli è servito capire i metri giusti in un attimo per colpire e adagiare il suo sinistro involontario e sovrannaturale. Il suo sinistro unico, decisivo e morbido. Messi con un'anima in più e 1000 partite sul groppone è concentrato, pronto a giocarsela anche con un filo di gas e con tante battaglie alle spalle. È un Messi più grintoso, maradoniano nel carattere, finalmente in simbiosi con l'amore dei tifosi che sognano il suo definitivo sblocco emotivo e psicologico. Perché in fondo la questione è soltanto questa.
Messi trasformato, leader più strategico che tecnico
—La sensazione è che Messi, oggi nella parte finale semplicemente straordinario, senta questa squadra completamente sua, come mai gli era capitato in passato. È un fattore, ma chissà quanto realizzabile vista l'agguerrita concorrenza. Messi, dunque, per questo motivo si sta trasformando, diventando più leader strategico che tecnico, tosto quanto basta al pari di questa Argentina cartesiana, molto quadrata, che sforna talento a fuoco lento, a parte la gestione nel recupero dove l'Australia pregustava la chance della vita. Alvarez, e non solo, è l'ultimo esempio del lavoro di Scaloni che ancora ignora, suo malgrado, un certo Dybala (lo vede vice Messi). L'attaccante del City si consolida e il resto è una crescita costante, nonostante Lautaro Martinez abbia accusato il colpo per aver perso il posto di titolare. Adesso ai quarti ci sarà l'Olanda di Van Gaal e di uno strepitoso Dumfries, autore di due assist e una rete contro gli Stati Uniti. Inzaghi e Marotta saranno contenti almeno per lui, viste le situazioni di Lukaku eliminato e Lautaro in crisi. È lui, in versione ala pura d'attacco, la piacevole sorpresa nella notte di Messi.
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