Prosegue la lotta senza quartiere fra i club della nostra Serie A ed i vertici della Federazione. La Lega, ora compatta, vuole pesare di più all’interno del governo calcistico ma trova la forte resistenza del Presidente Gravina e del resto delle componenti. È muro contro muro per la questione degli indici di liquidità. Ed è diventata una battaglia dinanzi agli organi di giustizia sportiva e ordinaria. Non va affatto giù l’imposizione sin dalla stagione che sta per iniziare dell’indice di liquidità, parametro che costringerebbe molti presidenti ad aprire i cordoni della borsa o a svendere i propri campioni per poter iscrivere la propria società al prossimo campionato. È così cominciata una battaglia su più fronti: quello della giustizia federale, con il ricorso al Tribunale Federale FIGC, quello della giustizia CONI, con l’azione dinanzi al Collegio di Garanzia, e quello dinanzi alla Giustizia Amministrativa, ossia il Tar del Lazio. Uno sbarramento di fuoco a tutto campo, esplorando tutte le possibili strade giudiziarie per impugnare la delibera della FIGC che ha introdotto il rispetto di quell’indice come requisito per l’iscrizione al campionato.


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Tutti contro Gravina: la Lega di Serie A vuole contare di più…
Di Francesco Paolo Traisci. Tutti contro Gravina. Scontro totale. La Lega di A va in tribunale (anche non si sa bene quale e soprattutto perché). Ceferin parla di infrastrutture terribili, la Lega A è pronta a tutto. Quale scenario si profila?
Varie azioni per diversi inquadramenti processuali
Evidentemente si tratta di azioni differenti, con la competenza dei vari organi di giustizia individuata in funzione di un diverso inquadramento processuale: per semplificare ciò che non è affatto semplice (tanto che appunto gli esperti legali dei club hanno avviato azioni a tutto campo in attesa di vederci più chiaro), per impugnare la delibera del Consiglio si deve adire il Tribunale, per un’azione contro il nuovo sistema delle licenze e le iscrizioni al prossimo campionato il giudice preposto è il Collegio di Garanzia del CONI, se è nato un pregiudizio economico si può agire dinanzi all’organo di giustizia amministrativa, ossia il TAR del Lazio.
Sennonché dopo aver esplorato tutte e tre le vie, con un ricorso in ciascuna sede ed aver visto la risposta dei legali FIGC, la Lega ha deciso di rinunciare all’azione dinanzi al Tribunale Federale, puntando quindi sulla giustizia del CONI. Qualche dubbio rimane però sul rispetto dei termini per l’impugnazione dinanzi quel collegio, ritenendo qualcuno che sarebbero scaduti. Vedremo, anche perché è arrivata la comunicazione ufficiale che il ricorso sarà deciso dalle Sezioni Unite, ossia l’organo di vertice che riunisce tutti i presidenti delle varie Sezioni del Collegio di Garanzia, Presieduto da Franco Frattini.
La Lega si difende, ma è iniziata la guerra
Ma l’impressione è che, vada come vada, non finirà certo qui, anche se nei termini previsti dalla FIGC, tutti i club hanno inviato la prima documentazione per l’iscrizione necessaria per il rispetto delle indicazioni sul nuovo requisito. Riferendosi alla scelta di portare la FIGC davanti ad un organo di giustizia, il Presidente della Lega A Casini ha infatti dichiarato: “È un atto dovuto per difendere il ruolo e il prestigio della Lega, che si sarebbe evitato, se la Serie A fosse stata davvero ascoltata in questi mesi. Non si tratta di numeri o cifre decimali, ma delle modalità con le quali vengono discusse e prese decisioni di grandissima importanza per il futuro dell’intero movimento. Già lo scorso marzo, prima della mia elezione, la Serie A aveva evidenziato all’unanimità il problema, senza ottenere adeguate risposte”.
Dopo un periodo di tentativi di pace e di mani tese, è riscoppiata la guerra. Il punto è proprio che la nostra massima serie vuole pesare di più. Significativa un’altra frase di Lorenzo Casini: "Le società si aspettano che la posizione della Lega riceva la giusta considerazione, non che sia ignorata". Sono anni che la Lega maggiore cerca di contare di più nel mondo del calcio, sin dai tempi dei presidenti Gaetano Micciché e Paolo Dal Pino. Perché pur dando circa 120 milioni all'anno di mutualità alle altre Leghe, pesa solo per il 12 per cento ed ha solo tre rappresentanti in consiglio federale (la Lega Dilettanti ne ha il doppio). Finora non c’è riuscita anche perché i presidenti sono spesso apparsi divisi, ciascuno preoccupato di curare il proprio orticello. Per ora la vicenda dell’indice di liquidità ha avuto un primo esito quello di compattare il fronte dei Presidenti di Serie A e qualcuno addirittura minaccia di seguire il modello della Premier, con la massima lega fuori dai meccanismi della Federazione. D’altra parte già durante la pandemia qualcuno ha già provato a scavalcare la rappresentanza istituzionale della FIGC ed a cercare un’interlocuzione diretta con il Governo e le forze politiche. Per il momento l’attuale assetto di forze all’interno del Consiglio federale appare blindato. L’asse fra il Presidente Gravina, la LND con il Presidente Abete e la LegaPro, da cui proviene il n.1 Federale, appare molto solido anche senza il puntello di qualche altra componente (come allenatori o calciatori) e la Lega A viene regolarmente messa all’angolo.
L'attesa per le riforme e gli attacchi a Gravina
Ma al di là degli equilibri interni, sono tutti in attesa delle riforme tanto annunciate, ma finora niente. Gravina non perde occasione per proclamare ai quattro venti che sta lavorando a tempo pieno per ridare sostenibilità al nostro calcio, ma finora i risultati si stanno facendo attendere e i presidenti della Lega maggiore sono stanchi di questa situazione. Finora le Assemblee non sono servite per trovare una linea comune anzi… E la situazione si complica. Se i club di serie A puntano ridiscutere i pesi e cercano di contare di più sottraendo qualche percentuale ad altre Leghe (e magari anche a qualche altra componente...) in Federazione si tenta invece di metterli sempre di più a margine, magari abolendo dalle regole il diritto di veto. In tal senso, chiaro e senza metafore è il pensiero di Gravina quando dice che “non è ammissibile che una sola Lega possa bloccare tutto". In quale senso si andrà? Per ora si litiga e lo si fa sul piano personale. Durissimo il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis: "Gravina in 3 anni e mezzo non ha fatto nulla, non possiamo aspettarci che faccia delle cose. Nei ruoli istituzionali calcistici ci sono persone che nella loro vita raramente hanno avuto a che vedere con il mondo del calcio. Gravina ha fatto una corsa dalla serie D alla serie B per poi ritornarsene in maniera fallimentare giù con il Castel di Sangro, ma in realtà questi signori non hanno mai frequentato una società di calcio contemporanea, quindi non ne conoscono i problemi, fanno finta di conoscerli ma in realtà non li possono nemmeno immaginare e capire". Altrettanto dura la replica del Presidente Federale: "a differenza di quanto afferma De Laurentiis, mi concentro sulle cose da fare per il bene del calcio italiano". Ed aggiunge “da quando sono in FIGC abbiamo raggiunto risultati importanti sia in campo che fuori. In qualità di presidente federale non posso accettare che si inveisca in maniera irrispettosa verso istituzioni quali Governo, Uefa e Figc. Lo invito a proporre qualcosa di serio e concreto per contribuire anche lui allo sviluppo del nostro mondo. Ma d'altronde, come diceva Totò ognuno ha la faccia che ha, ma qualche volta si esagera”.
Anche Ceferin boccia l'Italia
Sicuramente bisogna mettere da parte le polemiche ed iniziare ad agire. Profonde riforme strutturali sono necessarie per tutto il movimento. E, visto che l’Italia si è candidata per ospitare l’Europeo del 2032, bisognerà anche lavorare sulle strutture sportive, perché ad impianti siamo messi assai male. Lo ha sottolineato lo stesso presidente UEFA Ceferin: "L'Italia ha infrastrutture terribili", fotografando la crisi del nostro calcio. "Presto ci sarà da soffrire parecchio perché il sistema non è più sostenibile. Alcuni club italiani avrebbero problemi in ogni caso, al di là delle nuove regole del financial fair play - ha detto in un'intervista a Sky Sport - Se ciascun club non rispetterà le regole, andrà incontro a problemi. Come è giusto che sia se non ci si attiene alle regole. Dobbiamo diventare un'industria sostenibile. In altre attività ci si può permettere di controllare solo il profitto, nel calcio invece i club da un lato devono avere attenzione per il profitto e dall'altro lato vogliono vincere. Tutti vogliono vincere oggi, qualche volta diventa un problema perché lo sforzo economico non è sostenibile, investono troppo e non controllano i ricavi. Se una squadra non spenderà più del 70% del budget per i giocatori, sarà un cambiamento epocale. Crediamo molto in questo".
Ed allora basta con le guerre personali. È giunta l’ora di rimboccarsi le maniche e lavorare tutti di concerto per far ritornare sostenibile e competitivo il nostro calcio!
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