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Serie A, è finito un mercato povero: bisogna investire nei giovani, decidendo poi se tenerli o cederli

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Di Francesco Paolo Traisci. Il calciomercato invernale si è chiuso praticamente con un nulla di fatto in Italia. La Serie A ha fatto registrare un sostanziale immobilismo delle big. Quali prospettive ha la A?

Francesco Paolo Traisci

Si è chiusa la sessione di calciomercato. Parliamone! Ma di che cosa dovremmo parlare? Del nulla o quasi! Pochi gli affari effettivamente conclusi: Ilic al Toro che ha venduto Lukic, qualche prestito, qualcuno andato all’estero in prestito o in via definitiva. Poca roba veramente. E poca voglia dei club di investire per migliorare le proprie rose. Ma in realtà è un trend che già da tempo si è affermato, poca disponibilità economica e ricerca del parametro zero, cosa che a gennaio non si può fare, tanto che qualcuno si organizza già per la sessione estiva pianificando accordi con chi si svincolerà a giugno. Oppure si cerca qualche svincolato con il rischio di flop per chi sente il perso dell’età o viene da un periodo di inattività in attesa di contratto.  Qualche prestito con o senza obbligo di riscatto, ma poco altro, veramente…

Le difficoltà della Serie A

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E ciò di fronte ad una Premier che spende e spande, acquista giocatori a prezzi folli o saccheggia il nostro campionato attirando parametri zero con stipendi milionari. Sì, succede anche che squadre di Premier, big, ma anche medie, si mettano d’accordo con giocatori del nostro campionato che andranno a scadenza a bloccandoli per il mercato estivo, mettendo in serie difficoltà i nostri club nella ricerca di un rinnovo contrattuale che consentirebbe loro, quanto meno di monetizzare l’uscita del giocatore dalla rosa. I casi sono tutti ben noti. Ma sono le regole del gioco, un gioco ormai condotto dai procuratori e dai loro assistiti che si sono visti abbattere progressivamente quasi tutti gli ostacoli in tal senso. Prima Bosman che ha eliminato il vincolo lasciando liberi coloro che erano arrivati a scadenza di trovare l’ingaggio migliore. Poi l’abbattimento delle restrizioni numeriche per i calciatori comunitari (assolutamente coerente con la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’UE), che non viene assolutamente scalfito dalle restrizioni numeriche nelle rose, visto che ragioniamo comunque in termini di comunitari, che ha portato a inserire nei nostri settori giovanili tanti ragazzi stranieri, purché in possesso di passaporto comunitario… 

Investire nei giovani

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Il tutto vede sicuramente un impoverimento del nostro campionato, se i migliori puntano all’estero, ed, in particolare alla Premier. Ma i nostri club se non vogliono giocare al rialzo con la premier, prima o poi si troveranno di fronte ad un bivio: o investire nei giovani e tenerli anche quando si affermano mettendoli in condizione di resistere alle sirene della Premier, oppure investire sempre nei giovani e fare come la Francia, ossia crescerli, utilizzarli finché reggono economicamente e poi cederli all’estero a peso d’oro per reinvestire sulle classi successive. Credo che da questo non si scappi: non c’è altra soluzione se non quella di puntare sui giovani preferibilmente locali e non come molti club che il settore giovanili lo hanno solo perché è un obbligo imposto dalla Federazione!