Dopo la grande delusione della qualificazione fallita ai mondiali in Qatar, il nostro calcio si lecca le ferite. E il Presidente Gravina smentisce ogni voce di possibili dimissioni. Il suo programma va avanti, malgrado tutto. E, se al suo predecessore Tavecchio il flop con la Svezia costò la poltrona, l’attuale n. 1 di via Allegri appare ben saldo al comando, anche forte del successo della stessa squadra agli Europei dell’estate scorsa. E si sta blindando la propria leadership, nella guerra ingaggiata con alcuni presidenti dei club di Serie A.


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L’Italia esce, Gravina no: la poltrona è blindata, ma il presidente federale ha diversi nodi da sciogliere
Di Francesco Paolo Traisci. L'eliminazione dai Mondiali non scalfisce la leadership di Gravina, che va avanti con il suo programma ma si ritrova di fronte situazioni che vanno risolte, sia in Federazione che nei rapporti con il Governo.
Il Consiglio Direttivo e le riforme
Innanzitutto, il posto nel Consiglio Direttivo che in precedenza era occupato dal Presidente di Lega A, Dal Pino, ora, nei traccheggiamenti per la nomina del suo successore, è andato ad un fedelissimo di Gravina, il n. 1 della LegaPro (e successore dello stesso Gravina in quella carica), Francesco Ghirelli, mentre il neoeletto presidente della Lega A si è dovuto accontentare di un posto dietro le quinte, inserito nel comitato di Presidenza, con un evidente ridimensionamento rispetto al passato recente. Ed in Consiglio Gravina potrà contare anche su un altro prezioso alleato, quel Giancarlo Abete, appena eletto presidente della Lega Nazionale Dilettanti, in sostituzione di un altro acerrimo nemico: quel Cosimo Sibilia, prima alleato poi concorrente per la presidenza della FIGC.
Una volta blindata la sua posizione, Gravina annuncia che andrà avanti con il suo programma di riforme che negli ultimi tempi si è un po’ rallentato. Il primo punto è la riforma dei campionati, che, per diversi motivi si è arenata in attesa della ridefinizione della governance della LND. Ora, a seguito della elezione di Abete, Gravina è pronto a rimetterci mano, valutando anche una rimodulazione del professionismo in funzione delle varie categorie.
Altro punto caldo appare quello della disciplina di alcuni aspetti che riguardano specificamente la Serie A ed i rapporti fra la Federazione e la Lega. Resta infatti in piedi il nodo degli indici di liquidità che il n. 1 di via Allegri vuole introdurre come parametro per l’iscrizione al massimo campionato. Molti presidenti sono contrari, temendo che, in caso di introduzione, sarebbe a rischio la iscrizione della propria compagine al prossimo campionato. O che, per rispettarlo, dovranno essere costretti a mettere mano al portafoglio per finanziare la propria squadra ovvero a vendere qualche pezzo pregiato in sede di calciomercato. Ed il problema sembra debba essere risolto entro il 20 aprile, data del prossimo consiglio federale, anche se non sarà semplice trovare un accordo sui parametri: il neo presidente Casini ha apprezzato la disponibilità della FIGC, e ha preso tempo. Ma, anche in questo clima di tregua, nel Consiglio di qualche giorno fa, proprio il presidente Gravina ha già fatto passare il principio che saranno necessarie norme più severe per l’iscrizione al campionato.
Lo statuto della Lega, i rapporti con il Governo e il Decreto Dignità
Sempre nei rapporti fra Federazione e Lega deve inserirsi la controversa riforma dello Statuto di quest’ultima, per adeguarlo ai dettami del CONI. In quest’ottica è stato dato, giustamente, un mese in più al commissario ad acta Gennaro Terracciano per completare la propria opera affrontando i punti tuttora controversi. Inoltre Gravina appare molto impegnato sul fronte dei rapporti con il Governo. Di ristori, finora, si è parlato poco ed il calcio ha portato a casa poco o nulla. Ed il n. 1 della FIGC vorrebbe una migliore interlocuzione con i suoi rappresentanti. Il rischio, che vuole scongiurare, è che qualcuno, dall’interno si muova autonomamente, cercando un’interlocuzione diretta (parliamo della Lega di A) con qualche esponente del Governo, bypassando quindi la federazione.
Ed infine c’è il nodo del Decreto Dignità, a suo tempo voluto dai vertici del M5S che, al fine di combattere la ludopatia, vieta le sponsorizzazioni delle società di betting nelle manifestazioni sportive o delle società sportive. Ed il divieto di sponsorizzazione delle società di questo settore merceologico “pesa moltissimo” sul sistema calcio, che in passato contava molto sui ricavi da questo settore, tanto che, secondo lo stesso Gravina, il nostro calcio avrebbe così perso oltre “100-150 milioni di euro”. Il che si tradurrebbe anche in una perdita di concorrenzialità per le nostre compagini ed in definitiva per il nostro campionato a scapito di campionati stranieri in cui il divieto non esiste (basta guardare le maglie ed i tabelloni pubblicitari delle squadre di Premier, ad esempio). Oltre a ciò, secondo i più, il divieto non avrebbe risolto in alcun modo questo grave problema e sono tanti, quindi, che ne richiedono l’abolizione. Molti quindi gli impegni che dovrà fronteggiare il n. 1 della FIGC, che quindi, superata la delusione per il flop della qualificazione ai mondiali, è pronto a rimboccarsi le maniche ed andare avanti con il proprio programma di risanare, dalle basi, il nostro movimento calcistico.
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