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I paesi del Golfo Persico e lo sport: la chiave scelta dagli sceicchi per migliorare la propria immagine

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Di Francesco Paolo Traisci. Lo sport è sicuramente uno dei pilastri della strategia di diversificazione degli investimenti di lungo periodo dei Paesi del Golfo. E questa strategia sembra destinata a proseguire a lungo…

Francesco Paolo Traisci

Una gigantesca operazione di sportwashing! Così è stato bollato il mondiale che si è appena chiuso in Qatar. È vero che ci sono state partite spettacolari, compresa una finale chiusa ai rigori ma piena di gol e di colpi di scena, con ribaltamenti di fronti ed azioni spettacolari. Una finale degna di un mondiale bello e spettacolare, in cui, forse il calcio ha assunto una dimensione più planetaria, con squadre africane e asiatiche a tenere il campo contro le più blasonate europee e sudamericane. Una tappa importante per il sempre più imponente ingresso dei paesi del golfo nel calcio. Investimenti massicci che stanno cambiando il calcio. Fondi sovrani che acquistano e fanno ricchi club europei, sollevandoli dall’anonimato e facendoli diventare potenze calcistiche. E, a tal proposito, proprio in Qatar abbiamo assistito ad una finale in cui per molti si sarebbe dovuto assistere al passaggio di testimone fra il vecchio campione, Lionel Messi, al nuovo astro del calcio mondiale, Kylian Mbappé.  Entrambi giocatori di un club di proprietà qatariota. E, al di là di come è andata in campo, effettivamente tale passaggio è in programma. Non ancora avvenuto ma inevitabile. 

Un successo, ma quante polemiche!

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Nel frattempo, non si può certo dire che l’edizione appena conclusa sia stata un fiasco, tutt’altro, da punto di vista degli spettatori (non solo e non tanto per quanto riguarda gli stadi, ma soprattutto per quelli televisivi o su piattaforme internet), degli sponsor (malgrado le frizioni con i produttori di alcolici per i noti motivi religiosi) e dello spettacolo. Certo non sono mancate le polemiche… Per i lavoratori morti nella costruzione di stadi ed infrastrutture e per il trattamento riservato ai vivi. Per le dichiarazioni sessiste ed il trattamento discriminatorio di LGBT+ ecc. e delle donne, che purtroppo caratterizza la cultura islamica ed in particolare quella radicale dei paesi del Golfo. Per i sospetti (in realtà più di qualche voce) di corruzione sia nell’assegnazione dei mondiali, ma in generale anche per ammorbidire l’opinione pubblica ed i politici e renderli meno ostili. Per migliorare l’immagine di paesi che sul rispetto dei diritti umani sono ancora molto arretrati. Un'immagine che deve essere migliorata per consentire ed agevolare gli investimenti dei paesi del Golfo nello spazio europeo. Investimenti che porterebbero gli enormi capitali ottenuti con la vendita del petrolio ma che necessitano una diversificazione, anche in vista di un futuro più green fatto di energie rinnovabili. 

Le aperture al turismo e gli interessi ecnomici

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Ed allora ecco i paesi del Golfo aprirsi al turismo, come già da tempo hanno fatto gli Emirati Arabi Uniti con Dubai e Abu Dhabi o il Bahrein con il Gran Premio, l’Oman con forti investimenti pubblicitari e nelle strutture turistiche per sfruttare le bellezze paesaggistiche del Golfo Persico che fino a qualche anno fa erano precluse agli occidentali. Ora anche l’Arabia Saudita, che fino a pochi anni fa concedeva agli occidentali, peraltro con grande parsimonia, solo visti di lavoro, dietro l’invito di imprese locali, in occasione delle finali di Supercoppa Italiana ha inaugurato i visti turistici.  Ma non solo… Per investire all’estero però questi stessi Paesi hanno bisogno essere accettati dai sistemi economici delle nazioni europee e nordamericane e certamente lo scarso rispetto dei diritti umani e dei principi democratici non aiutano società in questo senso. Detto questo ovviamente pecunia non olet e il Qatar è già molto inserito, in maniera legittima sia chiaro, nel contesto economico europeo, sempre assetato di capitali. Per esempio è tra gli azionisti principali nel colosso automobilistico tedesco Volkswagen, nella cui compagine azionaria è il terzo socio con una quota di oltre il 10%, oltre ad avere grandi interessi a livelli immobiliari in grandi città europee come Milano e Parigi. E per farlo non bada a spese, utilizzando spesso metodi e strumenti non proprio legittimi (siamo tutti in attesa degli sviluppi dello scandalo di presunta corruzione scoppiato in questi giorni).

Lo sport

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E lo sport è sicuramente uno dei pilastri della strategia di diversificazione degli investimenti di lungo periodo dei Paesi del Golfo. E salvo che l’indagine di Bruxelles non porti a evidenze eclatanti e schiaccianti sarà difficile che questi investimenti e questa strategia non proseguano. Per questo, infatti, appare un optimum: in quanto consente di coniugare il lavoro sull’immagine con l’investimento economico. Ne sono testimonianza una penetrazione sempre più pressante dei fondi sovrani nella Premier League, ma anche le richieste sempre più frequenti di organizzare eventi mondiali. Dopo quelli del calcio pare che il Qatar voglia le Olimpiadi per il 2036 così come l’Arabia Saudita vorrebbe presentare la candidatura per una delle prossime edizioni dei mondiali di calcio. E, come afferma Calcio & Finanza, i prodromi di una scalata o di un’opa (se si vuole usare il linguaggio finanziario) dei Paesi del Golfo sullo sport e soprattutto sul calcio mondiale ci sono tutti. E l’Europa e le sue istituzioni dovranno stare molto attente perché non vengano sottratte loro le leve del potere dello sport più popolare al mondo.

Sicuramente oltre ad una battaglia economica, si tratta di una battaglia culturale, perché dietro ai soldi arriva anche un’intransigenza religiosa che si sposa anche con uno scarso rispetto per i diritti umani. Ed ogni tanto scoppia qualche scandalo, come quello del giornalista Khashoggi, attivista dei diritti umani, ucciso e fatto a pezzi all’interno dell’ambasciata saudita in Turchia i cui responsabili non sono ancora stati trovati!