La mia Atalanta. 110 anni di storia ripercorsi con un Virgilio d'eccezione. Xavier Jacobelli. Bergamasco doc, legatissimo alla propria terra d'origine e alla sua squadra del cuore, la Dea. La Regina delle provinciali. É la squadra della città non capoluogo di regione con il maggior numero di campionati in serie A.
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La mia Atalanta. Intervista a Xavier Jacobelli
110 anni di Atalanta: un Virgilio d'eccezione. Intervista a Xavier Jacobelli
A quando risale la “prima volta” con la Dea?
Ricordo benissimo il mio esordio allo stadio. Ero un ragazzino e vidi l'Atalanta con zio Angelo, che oggi non c'è più. Quel giorno si giocò un Atalanta-Perugia. 1-1. Con il passare degli anni, la passione si è intrecciata con il lavoro. Il mio praticantato giornalistico si svolge nel quotidiano “La Notte” e coincide con la prima e, fortunatamente, unica stagione in Serie C. Un campionato vinto. Ricordo con affetto gli anni '80, coincisi con l'arrampicata sino alla semifinale di Coppa delle Coppe. Eliminati dai belgi del Malines, che poi vinsero la competizione.
Cosa significa tifare Atalanta? Cosa è la “Dea”?
Un legame quasi indissolubile. I bergamaschi del resto, hanno scritto le pagine più belle di questa società. In primis, i tifosi, la Curva Nord, il vero patrimonio, nella buona e nella cattiva sorte. Nell'anno della retrocessione in serie B, ricordo l'applauso riservato ai ragazzi di Delio Rossi. Un gesto di grande civiltà sportiva. Poche squadre hanno una tifoseria come la nostra. Basti pensare che durante la “Festa della Dea”, nei pressi di Orio al Serio si raggiungono serenamente le 70 mila unità. Tutti insieme a parlare di calcio e Atalanta. Uno spettacolo. Dopo 110 anni la passione è ancora intatta.
Tanti presidenti, un comune denominatore: Bergamo. Non è un caso, vero?
No. La fortuna di questa società è di essere passata di mano in mano a uomini che l'hanno sempre amata. Achille Bortolotti è stato prima calciatore, poi azionista e infine presidente dell'Atalanta. Un mecenate. Suo figlio, Cesare, è stato più manager. Ricordo entrambi con grandissimo affetto: non dimenticherò mai quella tragedia coincisa con l'inizio dei mondiali del '90. La sera di Argentina-Camerun: l'incidente stradale, lo schianto. Cesare ci lasciava per sempre. Un dolore straziante. Il padre Achille lo raggiunse qualche anno dopo. Anche Ivan Ruggeri è stato un grandissimo presidente: sfortunatissimo, colpito da una emorragia che lo costrinse a vivere gli ultimi cinque anni in stato vegetativo. Antonio Percassi ha scritto, anche lui, una storia tutta atalantina. Ex Calciatore, oggi protagonista, con la sua famiglia, di una splendida era, la più bella Atalanta di sempre costruita con sapienza e competenza”
La società si sta consolidando. Dove può arrivare questa Atalanta?
L'Atalanta ha nel proprio DNA la valorizzazione del vivaio. Non a caso ha investito 38 milioni di euro nel settore giovanile. Zingonia, dove sorge il centro sportivo, è un gioiello figlio anche di Mino Favini, 80 anni di calcio alle spalle e una caterva di giovani lanciati nell'orbita del grande calcio. Da Vierchowod a Fusi, da Pari a Invernizzi, da Pazzini a Montolivo, da Conti a Gagliardini. Ecco, l'operazione che ha portato alla cessione del centrocampista all'Inter e all'ingaggio di Cristante, la reputo un vero capolavoro. Così come credo che Percassi abbia dato una lezione di stile alla Juventus sul caso Spinazzola, trattenendolo sino al 2018, così come era concordato. Il futuro è roseo, anche perchè Percassi è un uomo di grande esperienza manageriale, molto attento al bilancio. Ritengo sia doveroso sottolineare come l'Atalanta sia l'unica in Italia ad aver acquistato dal Comune lo stadio per ricostruirlo. Sarà un'arena, un gioiello da vivere tutto l'anno. L'obiettivo immediato resta comunque una salvezza da conquistare il prima possibile. É indispensabile mantenere la categoria e i conti in ordine come questa società ha sempre fatto. E poi c'è il sogno Europeo. Finché dura, è un gran bel vivere. E dovremo fare la miglior figura possibile”
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