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Gioco corto e corale: la Ternana del Profeta Viciani

All'inizio degli anni settanta, gli umbri hanno regalato al campionato italiano i primi sprazzi di calcio totale. A guidarli, Corrado Viciani, maestro di un football moderno e che ha fatto scuola.

Francesco Cavallini

Gioco corto. Semplice ed efficace. Perchè se hai in rosa elementi che tecnicamente non sono eccelsi, non puoi mica chiedergli un passaggio filtrante col contagiri o un lancio da quaranta metri che non finisca in tribuna. Si fa di necessità virtù, questo il motto del "Profeta" Corrado Viciani ed il senso del suo gioco. L'importante non è correre, ma correre bene, trovare sempre un compagno di squadra libero a cui scaricare la sfera e ritrovarsi all'interno di meccanismi conosciuti che col tempo diventano naturali. Sembra quasi di sentire Sarri, Sacchi, Liedholm o addirittura Rinus Michels. Ecco, forse l'ultimo paragone, per linea temporale, è quello più esatto. Eppure non siamo ad Amsterdam, ma a Terni. E la Ternana che gioca corto arriva sul palcoscenico della Serie A.

Preparazione fisica e velocità di esecuzione

Una squadra che, volendo fare facile ironia, sembra fatta d'acciaio. Il merito è di Viciani, che dopo aver passato anni ad ammirare, se così si può dire, il gioco all'italiana, decide che la rivoluzione non può più attendere. In primis preparazione fisica metodica, la base per giocare a velocità doppia rispetto agli altri, dato che all'epoca il focus sugli allenamenti non era forte come accade ora. E poi fare le cose semplici, nel minor tempo possibile. Rubare un tempo di gioco agli avversari, un tiki-taka ante-litteram che ispirerà anche il Barone per la sua ragnatela. Ma Viciani non ha a disposizione mica Falcao o Xavi, anche se nella stagione di A fa esordire un futuro campione del mondo, Franco Selvaggi. Quindi bisogna remare tutti assieme e nello stesso momento. Gioco corto e corale.

Corale però significa senza solisti. E ad un certo punto la differenza, per forze di cose, si fa sentire. Non in Serie B però, dove i rossoverdi fanno la differenza con il loro calcio, vincendo il campionato 1971/72 con cinquanta punti in trentotto partite. Uno in più di una squadra destinata a fare la storia, la Lazio di Maestrelli e del capocannoniere del campionato cadetto Giorgio Chinaglia. Long John realizza 21 delle 48 reti biancocelesti, mentre in classifica marcatori il primo, anzi, i primi calciatori della Ternana si scorgono scendendo fino a quota otto, raggiunta da Cardillo e Cucchi. Si segna abbastanza (43 marcature), ma si segna tutti. Merito delle sovrapposizioni, di quei cambi improvvisi di posizione tra i calciatori, che finora in Italia non si erano visti, ma che stavano facendo la fortuna di altre squadre. Come l'Ajax, sempre punto di ispirazione per Viciani.

Viciani, ammiratore del Calcio Totale

Al punto che il tecnico, giusto dopo aver matematicamente conquistato la storica promozione, decide di inimicarsi un po' tutto il calcio italiano, sostenendo a gran voce la necessità dei Lancieri di schiantare l'Inter nella finale di Coppa dei Campioni. Solo con una sconfitta netta e clamorosa, il movimento calcistico tricolore sarebbe potuto uscire dall'impasse del catenaccio e contropiede, che tante soddisfazioni aveva portato a Milan e Inter negli anni Sessanta, ma che davanti alle innovazioni tattiche provenienti dall'Olanda stava rapidamente diventato obsoleto. Viciani viene accontentato, ma fino ad un certo punto. L'Inter perde contro Cruijff e compagni, ma non viene del tutto schiacciata. È il segnale che il calcio totale non è ancora pronto a spazzare via le vecchie concezioni. E la Ternana se ne accorge nel campionato di A.

Ma in A la sua Ternana è troppo inesperta

Dove il gioco corto e corale funziona, ma fino ad un certo punto. Perchè, come si notava in precedenza, mancano i solisti, quelli in grado di risolvere la partita quando gli schemi e tutto il resto sembra non funzionare. La Ternana non ce li ha, gli altri sì, e squadre più smaliziate approfittano dell'inesperienza di una squadra che in campo si trova a memoria, ma non è abituata a confrontarsi a certi livelli. Al contrario dell'altra neopromossa, la Lazio, che arriva terza in campionato, ponendo le basi per lo Scudetto dell'anno successivo, con un credo tattico, quello di Maestrelli, abbastanza simile a quello di Viciani. Che però non può schierare individualità di livello come il collega e la classifica, impietosamente, lo sottolinea. Sedici punti, ultimo posto dietro anche al Palermo terzo nella B dell'anno prima. Solo quattordici reti segnate e tre vittorie, tutte nel girone di andata, prima di un clamoroso calo, contro Bologna, Verona e Vicenza.

Tutte, ironicamente, al Liberati, che ha assistito alla nascita del miracolo e che a inizio campionato, quando a Terni arriva il Milan di Rivera, che ne esce con le ossa rotte, ma con un punto che ai più sembra immeritato, almeno per un attimo crede che il sogno possa diventare realtà. Lo stesso Liberati la cui Curva Est è oggi intitolata proprio a Corrado Viciani, al Profeta di un calcio corto, corale, che ha mostrato la via ad altri percorrendola lui stesso. Creando un qualcosa di importante, che il mondo del football tricolore non ha dimenticato.

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