Avrebbero potuto incontrarsi ai quarti e invece escono di scena, anche in modo netto. Fa meglio Cristiano, tre gol in più e qualche sensazione maggiore di grandezza, ma il risultato è identico. I due fenomeni del calcio capitolano senza brillare più di tanto. Messi addirittura conferma il trend. Mai decisivo in una sfida ad eliminazione diretta con la maglia dell'Argentina e non può essere soltanto un caso. L'asso del Barcellona viene inghiottito dalla mediocrità di una squadra incapace di realizzare una tattica degna, e di perdersi nelle scelte discutibili del suo allenatore, Sampaoli, che pensa si possa fare a meno di un centravanti di ruolo sin dall'inizio. Il suo inizio, insomma, la fine di tutto. Messi, falso nueve, è soltanto l'ultimo fatto di una arroganza intollerabile. Il miglior calciatore del mondo svilito in una squadra piena di difetti e non fino in fondo competitiva. Come il Portogallo, che Cristiano Ronaldo a parte, non fa mai giorno quando si tratta di fare il salto in più specialmente in un mondiale.
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E’ un Mondiale da Oscar
di Stefano Impallomeni. Cristiano e Messi fuori. Neymar e Mbappè potrebbero approfittarne. Emoziona Oscar Tabarez. L'Uruguay è il volto del suo allenatore.
I due fenomeni, quindi, vanno a casa e chissà se li rivedremo in Qatar quando avranno 35 (Messi) e 37 anni(Ronaldo). Detto questo, non dobbiamo commettere l'errore di condannarli e di ridimensionarne il talento. Il mondiale consacra un campione, è vero, ma non racconta mai fino in fondo un valore assoluto. Anche Puskas, Di Stefano, Eusebio, Cruijff, Platini, Zico, Van Basten, Baggio e Maldini non hanno mai centrato quest’ obiettivo e non per questo non devono essere considerati sublimi calciatori da prendere in esempio.
Ci sono storie esclusive, tutte particolari e destini già scritti. Il Mondiale ha saputo racchiudere in sé pagine indimenticabili, leggende come Maradona e Pelé, ma anche portare sulla vetta più alta squadre fantastiche come la nostra Italia del 1982 o la Spagna degli Iniesta e degli Xavi del 2010. Ogni fuoriclasse, insomma, deve avere la fortuna di incontrarne altri, non meno forti, non meno necessari. Non sempre si verifica l'alchimia vincente, che eleva ma che può sbilanciare erroneamente una valutazione. Cristiano Ronaldo e Messi non sono altro che gli ultimi esempi. 10 Palloni d’oro vinti insieme (5 a testa) e un unico vuoto in bacheca, senza quella Coppa del Mondo che probabilmente non vinceranno mai. Poche colpe, alla resa dei conti e un solo grande rimpianto, ossia quella squadra che non c'è, che non ti assiste, non ti soffia a favore. Lo avevamo purtroppo anticipato, all'inizio di questo mondiale. Per Messi e Cristiano Ronaldo, una strada corta, prevedibile. E tra i due litiganti, l'altro fenomeno potrebbe approfittarne.
Il Brasile è superiore a Portogallo ed Argentina, ma chissà se non alla propria presunzione. Potrebbe spuntare Neymar, al centro delle critiche per le sue simulazioni e le sue cadute volontarie. Al netto delle imprevedibili traiettorie questo torneo che ci ha regalato emozioni e storie uniche come il volto di un Uruguay, coriaceo e pieno di talento. Meglio dire il volto di Oscar Washington Tabarez, della sua sofferenza per una maledetta malattia che però non gli impedisce di allenare. È senza dubbio lui l'uomo in più di questo mondiale russo. Lì a non fare sconti a se stesso, senza pietire, alla guida della sua nazionale con orgoglio, idee e cuore. Tabarez meriterebbe un trionfo completo e non è detto che non accada. Il suo Uruguay gioca e lotta soprattutto per lui. È dentro, in campo e fuori, con lui. Cavani e Suarez, ma non solo, possono fare la differenza. L'Uruguay subisce quasi zero, segna e reagisce da grande squadra. È un volo uruguayano senza limiti, Francia di Mbappè permettendo. Sorprese nelle sorprese. Può succedere, nonostante il Brasile sia ancora tra le grandi favorite. Il giovane fenomeno francese è l'unica vera novità di una rassegna in cui gli assi conclamati segnano il passo. Mbappe, a 19 anni, ha impressionato il mondo come fece Pelé nel 58 in Svezia a soli 17 anni. Nessun paragone, per carità, ma il presente ci dice che è lui, adesso, la star del momento.
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