Con un’azione a tenaglia, FIFA e UEFA hanno cominciato la loro battaglia contro i prestiti di calciatori. Ossia la cessione a titolo temporaneo del diritto alle prestazioni sportive di un calciatore, che si è impegnato con un contratto pluriennale nei confronti di una squadra, a un’altra. Vietate ormai da qualche anno le comproprietà, oggi questo è il sistema più diffuso per cedere un giocatore senza perderne la titolarità del cartellino. Ma presenta numerosi punti che non piacciono più ai governanti del sistema calcio.

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Perchè FIFA e UEFA vogliono ridurre (e forse eliminare) i prestiti?
Di Francesco Paolo Traisci. Con un’azione a tenaglia, FIFA e UEFA hanno cominciato la loro battaglia contro i prestiti di calciatori. Ma perchè questa scelta?
CEFERIN CONTRO I PRESTITI - È stato il numero uno del calcio continentale ad accendere la miccia. Nelle varie interviste rilasciate all’Equipe, alla Tribune de Genève e, di recente, alla Gazzetta dello Sport, Alexander Ceferin, non ha perso l’occasione di stigmatizzare la ormai diffusa prassi di alcuni grandi club di mettere sotto contratto un gran numero di giocatori che poi vengono distribuiti e mandati a giocare in prestito in giro per i vari campionati, spesso stranieri. Dal canto suo, la FIFA, secondo quanto riportato da France Football, da mesi ospiterebbe incontri fra le parti interessate (i famosi Stakeholders, di cui già abbiamo parlato): FIFPro (sindacato calciatori), ECA (grandi club calcistici, presieduta da Andrea Agnelli), ex calciatori. Il tutto sotto la supervisione del vicepresidente canadese Victor Montagliani (che, non a caso, è anche il Presidente dello stesso Stakeholders Committee, la cui vicepresidente è la nostra Evelina Christillin), per una nuova riforma del sistema dei trasferimenti dei calciatori. Fra gli 11 punti di discussione, il divieto o comunque una stretta limitazione dei prestiti. Punti che potrebbero essere discussi già in occasione della prossima riunione del comitato esecutivo della FIFA in agenda per il prossimo ottobre.
GRANDI CLUB PADRONI DEL MERCATO - Ma per quali motivi questo modo di fare mercato è così inviso ai vertici del calcio europeo e mondiale? Innanzitutto, nella visione di entrambi gli organismi, limitare il numero di giocatori controllati dei grandi club e prestati di anno in anno a club meno ricchi consentirebbe di non aumentare il divario fra i grandi e gli altri ed il dominio che i primi hanno sul mercato. Consentire ai grandi club di avere rose sterminate, di giocatori sotto contratto impegnati temporaneamente con altre squadre, permetterebbe a questi ultimi di farla da padroni nel mercato, riuscendo a comprare sempre tutto ciò che vogliono con scambi sempre a loro vantaggio, a scapito delle altre che si indeboliscono.
AUMENTA IL DIVARIO - E, dominando il mercato, si allargherebbe il divario fra club ricchi e quelli meno ricchi, facendo perdere di competitività i vari tornei (arrivando a creare un circolo ristretto di grandi club, ai quali peraltro l’idea di giocare fra loro è già venuta, ed è stata fortemente osteggiata dalla stessa UEFA). Oltre a ciò, è spesso presente il sospetto di condizionamenti nelle gare in cui per una delle squadre scendono in campo giocatori sotto contratto con gli avversari (e quindi in prestito). Per non parlare delle pressioni di chi non vuole far scendere in campo contro la squadra di appartenenza i giocatori dati in prestito.
GIOCARE CONTRO IL PROPRIO CLUB - Famoso in tal senso il caso di Courtois (all’epoca dei fatti in prestito all’Atletico Madrid ma di proprietà del Chelsea). Ora, le clausole che venivano inserite nei contratti di cessione in prestito che impedivano ai giocatori di scendere in campo con le squadre proprietarie del cartellino non sono più ritenute lecite, ma il sospetto che qualche infortunio di giocatori in prestito, proprio alla vigilia della gara contro il club proprietario del loro cartellino, sia meno grave di quanto dichiarato, rimane sempre. Scartate altre soluzioni (come il famoso salary cap dello sport professionistico USA, che come dicemmo in passato pone qualche problema di legittimità), per mantenere la competitività dei principali campionati e non acuire le differenze fra i club è rimasta quella di proibire i prestiti fra club o comunque regolamentarli in modo più severo.
ROSE E SECONDE SQUADRE - Tutto ciò poi si lega alle limitazioni sempre più stringenti per le rose. Con il sistema dei prestiti, infatti, viene in parte aggirato questo limite, perché quei giocatori sotto contratto per una squadra che non riescono a rientrare nella rosa ristretta possono essere temporaneamente “parcheggiati” in un’altra squadra. Un altro mezzo per evitare questo aggiramento sarebbe quello di limitare il numero dei calciatori che ciascun club può avere sotto contratto. Ma limitando i giocatori che ciascun club può avere sotto contratto e non potendoli cedere in prestito si porrebbe anche il problema di come collocare i propri calciatori in esubero o i giovani in “crescita”. E allora l’idea è quella di creare delle seconde squadre anche in quei campionati, come quello italiano, che non le prevedono. Ne parlammo in passato, ne riparleremo presto.
MAGIE DI BILANCIO... - Infine, fra i punti oscuri lamentati nel sistema dei prestiti, vi è l’utilizzazione distorta di questo tipo contrattuale per “drogare i bilanci”, in modo da far apparire in attivo una società che invece non ha liquidità e soffre per pagare stipendi e debiti, rischiando così il fallimento. È il caso di recente del vecchio Parma, poi fallito proprio per questo. Una società che grazie a partite di giro a valori fittizi ha un bilancio in attivo (cosa necessaria per iscriversi al campionato), ottenere prestiti (e quindi accumulare debiti), ma le cui casse sono vuote e rischiano a lungo andare di non riuscire a pagare gli stipendi dei propri giocatori e egli altri creditori.
...E PLUSVALENZE - E così si mostra un bilancio in attivo attraverso cessioni fittizie che non portano liquidità alle casse della società. Si tratta di partite di giro (io do X a te oggi, tu lo dai domani a me), che però consentono ricche plusvalenze, ossia guadagni sulla differenza fra la cifra di acquisto e quella di cessione al netto degli ammortamenti, in modo da fa apparire un utile di bilancio che non c’è, soprattutto se sono effettuate a valori assolutamente esorbitanti. E ciò può avvenire a maggior ragione nei casi di giovani che, provenendo dal vivaio, non sono costati nulla e non hanno nemmeno un valore certo.
LA RECOMPRA, O DIRITTO DI OPZIONE - Tornando al sistema dei prestiti, se dovessero essere aboliti o fortemente regolamentati, non potendo nemmeno usare lo strumento della comproprietà, come potrò io società, che ho un vivaio ricco di talenti, farli crescere senza cederli definitivamente e quindi perdendoli? Con il sistema della “recompra”, inizialmente diffuso nel mercato spagnolo ed ora sempre più in voga, che prevede la possibilità di riacquistare un giocatore ad un prezzo prestabilito (o di non perderlo in caso di acquisto altrui). Ossia con quello che nel linguaggio giuridico che si chiama “diritto di opzione”. Fino ad oggi questo accompagnava il prestito con diritto di riscatto: io do in prestito un giocatore ad una società che ha un opzione per acquistarlo alla fine della stagione ad un prezzo prestabilito, ma io potrò evitare la cessione esercitando una seconda opzione che mi consenta di evitarne la cessione pagando un ulteriore prezzo anch’esso prestabilito. Uno scambio di opzioni. E ciò che si applica alla cessione legata al prestito a maggior ragione può applicarsi alla cessione “secca”. Io ti cedo un giocatore ma tu mi concedi un’opzione per riacquistarlo ad una cifra prestabilita entro un determinato numero di anni.
Basterebbe ciò per evitare condizionamenti giuridici e psicologici dovuti al sistema dei prestiti e soprattutto per impedire che il divario fra le grandi e le meno grandi aumenti? Non ne sono pienamente convinto, ma forse la strada è quella giusta.
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