calcio

Oh yes, It’s a really italian job

LONDON, ENGLAND - JULY 11: Giorgio Chiellini, Captain of Italy lifts The Henri Delaunay Trophy following his team's victory in the UEFA Euro 2020 Championship Final between Italy and England at Wembley Stadium on July 11, 2021 in London, England. (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

di Stefano Impallomeni. Azzurri d'Europa in Inghilterra, contro l'Inghilterra, roba da brividi, da pelle d'oca. Ebbene, ce l'abbiamo fatta. Siamo Campioni d'Europa. I più forti, i più bravi, i più meritevoli.

Stefano Impallomeni

53 anni dopo Roma, è di nuovo Europa, ma questa volta il titolo conquistato ha un sapore unico, perché è un bel punto esclamativo, che mette fine a una storia bellissima  iniziata con entusiasmo e una sana consapevolezza di potercela fare. Ebbene, ce l'abbiamo fatta. Siamo Campioni d'Europa. I più forti, i più bravi, i più meritevoli. Azzurri d'Europa in Inghilterra, contro l'Inghilterra, roba da brividi, da pelle d'oca, da godimento assoluto. L'impresa è servita. E sarà  ricordata a lungo, come la Rinascita, un capolavoro da raccontare alle future generazioni, forse da trasformare in un film o meglio in serie televisive da divorare come spaghetti. Nel frattempo, il giorno dopo la festa, tutti insieme al Quirinale, dal Presidente Mattarella, all'ora del tè per un sogno azzurro diventato straordinaria realtà.

La lode è totale, senza andare a rovistare altro. La spedizione azzurra da urlo quasi mundial, fa il pieno di consensi e non potrebbe essere altrimenti. Tutti saliti sul carro, dai su, anche chi all'inizio pensava fosse impossibile realizzare una cosa del genere. In questi casi è quasi sempre scontato scegliersi un eroe, un volto, un gesto che naturalmente resterà nella storia, ma qui preferiamo andare sul semplice che poi così semplice non è, e soprattutto non è stato. E allora, meglio eleggere la forza di un gruppo fantastico che è andato oltre il merito, dominando dove era abbastanza difficile farlo. La conquista ha una ricetta un po' mista. Calcio dominante e sofferenze a macchia, con qualche ottimo calcolo badando al sodo. Fuoco, fuochino, fuochissimo e obiettivo centrato all'europea, ma specialmente all'italiana. Il presente è già un futuro che ha un cuore antico e che dimostra di amare quel che si fa.

"Oh Yes, it's really italian job" è il titolo che racchiude le sette puntate entusiasmanti del successo. Perché in fondo, se ci pensiamo bene, è stato davvero un lavoro molto italiano: resistente e versatile, scaltro, caparbio e intelligente, tremendamente efficace, solista e di gruppo. Un lavoro fatto bene, senza spocchia, costruito con cura, con le scelte giuste e le strategie mai banali, grazie ai valori veri individuali valutati nel dettaglio, dentro e fuori il campo. Come spesso è accaduto nel passato, quando siamo in questa modalità, siamo sempre imbattibili. 1934,1938, 1968,1982, 2006, 2021: date storiche e non numeri della lotteria. Quattro titoli mondiali e due titoli europei. Best regards, England.

La Coppa presa a Wembley, non v'è dubbio, è lo scalpo del secolo. Lo scacco matto da far impazzire non solo una Regina ma una nazione intera. Gli inglesi attoniti, vittime di una maledizione da parto, è una costante fissa. Il calcio, dicono, è stato inventato da quelle parti, ma nessuno  se n'è mai veramente accorto. Lo stillicidio di delusioni continua, anche alla loro prima finale europea disputata, per colpa di questa Italia che rulla talento e sacrificio con i pedoni che valgono quanto il Re.

Lo scacchiere azzurro è questione da intenditori. Mosse elaborate per menti sofisticate. Tutto perfetto, anche quando le mosse dell'avversario potrebbero farti saltare i nervi, agitare fantasmi, complicare i piani. L'Italia è stata troppo per tutti, un'onda lunga positiva smorzata dai colpi di classe di una squadra che ha avuto il principale merito di divertirsi. È un'impresa enorme che rasenta l'epica. Perché non solo rappresenta un grande ritorno, il nostro, ma  perché molto semplicemente si tratta di una bella Coppa in faccia, da super "job", a casa loro, di fronte ai presunti maestri, dinnanzi a questa Inghilterra storicamente debole nei grandi appuntamenti e avvitata nelle solite lunghissime, umilianti aspettative.

L'inno di Mameli che troneggia sulla Corona Reale fa più rumore del trionfo, o meglio del tonfo di chi si aspettava, come gli inglesi, 55 anni dopo, un bagliore di fierezza. Il basso che si fa alto, nel teatro più temuto, ha distrutto ogni previsione. La perfida Albione schiantata, al palo dei comprimari, proprio a Londra, dove va in scena una bella lezione di Italiano, da imparare bene per farsi trovare pronti in Qatar, o chissà dove. Intanto, godiamoci tutto, ma proprio tutto, perché oggi più che mai ci sentiamo imbattibili e Dio salvi chi può. Le differenze restano le solite:  per loro un'astinenza cronica, maledetta, con 55 anni di attesa dall'ultimo e unico titolo mondiale, vinto appunto in casa. Per noi il ritorno al passato non tanto lontano: un'altra coppa 15 anni dopo Berlino, 9 anni dopo l'altra finale persa contro la Spagna in un europeo quest'anno, invece, agguantato con merito e sorte amica.

Wembley diventa la nostra casa: è tutto vero. Non più un incubo, non più un sogno ma "It's really italian job". Un lavoro azzurro davvero eccezionale, profondo fino in fondo. Il trionfo è epocale, è una brezza di forza che ci mancava da tempo, una ventata di freschezza dopo l'umiliazione per l'ultimo mondiale saltato in Russia nel 2018. Mancini la mente che ci ha restituito una grandezza dispersa. E' un giorno memorabile, festeggiamo nel rispetto e nel buon senso per le varianti diaboliche del Covid, assaporando il tripudio che dà vita. Siamo di nuovo al centro d'Europa, in cima, lassù, da campioni. Grazie splendida Italia per essere tornata forte. Buon calcio a tutti.