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A volte ritornano: Neymar e il rischio minestra riscaldata

Ritorno trionfale o minestra riscaldata? Il confine sa essere tremendamente labile. E persino Neymar potrebbe scoprire che le lancette non tornano mai indietro del tutto.

Redazione Il Posticipo

Ritorno trionfale o minestra riscaldata? Il confine sa essere tremendamente labile, perchè lo sport non fa sconti. Tornare con la coda tra le gambe da dove si è partiti e magari ci si è affermati, non è esattamente certezza di riprendere da dove si era lasciato il tutto. Accade spesso che, come pare essere il caso di Neymar, la nostalgia di un passato felice porti a rinnegare scelte professionali sbagliate, per tornare sui propri passi. Se O'Ney decidesse di indossare di nuovo la maglia del Barça certamente farebbe bene, ma altrettanto sicuramente le due stagioni passate a Parigi inciderebbero sulla sua percezione e sugli equilibri di squadra. E così, come accade un po' per tutti, anche Neymar, uno dei calciatori più forti e pagati al mondo avrebbe la certezza che non si possono riportare indietro le lancette. O forse sì?

Neymar come LeBron?

Passando dal Re di Parigi ad un'altra testa coronata dello sport mondiale, si può serenamente sostenere che anche LeBron James abbia fatto una scelta di cui, bene o male, si è pentito. Andare a Miami ha portato in bacheca due anelli (2012, 2013), ma dopo quattro anni il cuore ha fatto di nuovo optare per Cleveland a Sua Maestà King LeBron. Una decisione baciata dagli dei del basket, dato che nel 2016 è finalmente arrivato il primo titolo della storia per i Cavaliers, che ha trasformato il ritorno a casa del figliol prodigo nella cosa più bella mai accaduta alla franchigia dell'Ohio. E considerando che le quattro stagioni in cui LBJ non è stato protagonista alla Quicken Loans Arena hanno sempre visto Cleveland fuori dai playoff, si può decisamente sottolineare che il ripensamento di James non sia certo stato una minestra riscaldata.

Trap, Lippi e Sheva: non va

Ma a volte prendere ingredienti conosciuti e riproporli è la ricetta giusta...per il disastro. Persino una leggenda della panchina come Giovanni Trapattoni, sei Scudetti, una Coppa dei Campioni e una Coppa delle Coppe in dieci anni di Juventus, non ha saputo far bene una volta tornato a guidare i bianconeri. La sua seconda esperienza a Torino racconta infatti di due secondi e un quarto posto, non certo lo standard a cui i tifosi si erano abituati. Per non parlare di Lippi, campione nel mondo nel 2006 con l'Italia e poco cerimoniosamente eliminato da Paraguay e Slovacchia, con tanto di pareggio contro la Nuova Zelanda, giusto quattro anni dopo. E anche in campo non va meglio, perchè anche un Pallone d'Oro come Shevchenko, scottato dalla pessima decisione di trasferirsi al Chelsea, quando due anni dopo è tornato al Milan non ha trovato spazio in squadra.

Il Borussia Dortmund e la minestra...tiepida

Poi ci sono dei casi abbastanza borderline, perchè, come abbiamo detto all'inizio, il confine è labile. E spesso i grandi ritorni si trasformano in annate senza infamia e senza lode, in cui non c'è il crollo in grado di trasformarli in minestra riscaldata, ma non si trovano neanche trionfi simili a quelli vissuti in precedenza. L'esempio più concreto è rappresentato da una parte della rosa del Borussia Dortmund, che ai tempi di Klopp ha fatto tremare l'Europa, ma che poi si è sfaldato sotto i colpi impietosi del mercato delle big. I 37 milioni arrivati nelle casse giallonere non hanno fatto la felicità di Gotze, che dopo tre stagioni al Bayern è tornato a "casa", ma senza mai ripetere (per colpa di troppi infortuni) i fasti dell'epoca passata. Stesso discorso per Shinji Kagawa, passato al Manchester United e ora di nuovo al Signal Iduna Park. Una...minestra tiepida quella del Borussia, ormai incapace di competere contro il Bayern, ma sempre nei piani alti della Bundesliga. Alla fine, meglio di niente.