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Mikel shock: “Ho giocato contro l’Argentina mentre mio padre era sotto sequestro”

(Photo by Oleg Nikishin/Getty Images)

Giocare con la morte nel cuore. E non solo con l'ansia di non poter perdere. Il match di Obi Mikel contro l'Argentina, purtroppo, è stato tutt'altro. Perchè il terrore era quello di non sapere dove fosse suo padre, rapito qualche ora prima del...

Redazione Il Posticipo

Giocare con la morte nel cuore. E non solo con l'ansia di non poter perdere, perchè la partita può valere il passaggio agli ottavi e di fronte c'è pur sempre Messi. Il match di Obi Mikel contro l'Argentina, purtroppo, è stato tutt'altro. Perchè il terrore era quello di non sapere dove fosse suo padre, rapito qualche ora prima del match. Una notizia tremenda, arrivata nel momento peggiore. Una telefonata da un parente, la necessità di chiamare un numero e una richiesta di riscatto. Più di ventitremila euro, una cifra che per l'ex calciatore del Chelsea non è certo esagerato, ma che anche una volta pagata non garantisce che tutto andrà bene.

TRAUMA - E quindi, come racconta il nigeriano al Guardian, la partita con l'Argentina è stata molto particolare. "Ho giocato mentre mio padre era nelle mani dei rapitori. Ho dovuto tenere a freno il trauma, nonostante fossi distrutto dal punto di vista mentale. Non sapevo cosa fare, se ero pronto a giocare. E non potevo neanche avvisare la federazione di quel che era successo. Solo alcuni dei miei amici lo sapevano. Ma alla fine sapevo che non potevo deludere 180 milioni di nigeriani. Ho dovuto cancellare la situazione dalla mia testa e rappresentare il mio paese". Un momento duro, complicato, anche per chi di partite importanti ne ha giocate parecchie.

RILASCIATO - "Mi hanno detto che avrebbero sparato immediatamente a mio padre se avessi avvisato le autorità o se avessi detto a qualcuno cosa stava succedendo. Non ne ho voluto parlare neanche con mister Rohr, perchè non volevo che il mio problema potesse diventare una distrazione per la squadra il giorno di una partita così importante. E per quanto avrei voluto parlargliene, non ho potuto. Per fortuna mio padre è stato rilasciato, anche se ora è in ospedale a causa delle torture ricevute durante il rapimento". Non una storia felice, di quelle che rendono leggendari i mondiali. E di certo non il modo in cui Mikel avrebbe voluto giocare quella che con tutta probabilità sarà la sua ultima partita iridata. Alla fine la Nigeria ha perso. Mikel, dal canto suo, ha vinto. Ma l'amaro in bocca e la paura, di certo non andranno via subito.