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Lo stadio di proprietà: la legge, i benefici e le problematiche

Di Francesco Paolo Traisci. Cosa dice la legge sugli stadi? Perchè un club dovrebbe investire in uno stadio di proprietà? Quali sono i benefici e quali le problematiche?

Francesco Paolo Traisci

"Lo stadio di proprietà. Tema sempre caldo, di attualità. Tante le squadre che lo vorrebbero, pochissime quelle che lo possiedono. E poi, attenzione a non cadere in confusione. Cerchiamo di capire come e perché un campionato in cui quasi tutte le squadre hanno giocato tradizionalmente negli Stadi di proprietà del Comune in cui hanno sede (o di quelli limitrofi), con l’unica eccezione per Roma, che vede le proprie squadre principali giocare in un impianto di proprietà del CONI, tutti impianti comunque ormai vetusti, dovrebbe trasformarsi in un campionato giocato in stadi di proprietà delle squadre stesse.

Perchè avere uno stadio di proprietà?

"Cominciamo dalla domanda più semplice. Perché uno stadio di proprietà? Tante e spesso evidenti le risposte. Perché così la società non deve pagare l’affitto al Comune (o al CONI, nel caso delle romane), potendo guadagnare di più sui biglietti venduti. Perché gli attuali Stadi non sono più adatti al gioco del calcio e soprattutto alle esigenze dei tifosi, con piste di atletica che ostacolano la visuale allontanando lo spettatore dal campo da gioco, con una capienza eccessiva per il numero di spettatori (tanto da costringere, per evitare costi di personale e quant’altro, i club a tenere spesso chiusi alcuni settori dello stadio), con servizi carenti (credo che chiunque sia andato all’Olimpico a vedere la partita della Roma o della Lazio) non abbia potuto non constatare l’assoluta carenza di parcheggi, con conseguenze non solo su tempi e fatica fisica per raggiungere lo stadio a piedi ma anche sulla sicurezza dei tifosi stessi (e degli abitanti dei quartieri attraversati dai tifosi a piedi). E spesso il disinteresse, l’assenza di fondi, la complessità burocratica scoraggiano i Comuni proprietari degli impianti dall’investire denaro per il loro ammodernamento. Ed allora perché non farli gestire direttamente dai club, consentendo loro di costruirsi stadi a misura delle proprie esigenze e di quelle dei propri tifosi?

Cosa dice la legge sugli stadi?

"Ed allora, dopo un travaglio importante si è arrivati ad inserire nella Legge n. 147 del 27 dicembre 2013, ossia la legge di stabilità per il 2014, il comma 304 che al fine di consentire l’utilizzazione più efficace, l’ammodernamento e la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori prevede la semplificazione delle procedure amministrative e la previsione di modalità innovative di finanziamento dei progetti attraverso il credito sportivo. In buona sostanza questa norma, da tutti conosciuta come la Legge sugli stadi, ha disposto una procedura burocratica semplificata consistente in uno studio di fattibilità e di un piano economico finanziario dell’accordo con uno o più società sportive beneficiarie; al che sarebbe seguita una “conferenza di servizi”, ossia un tavolo fra tutti gli enti pubblici interessati ed i privati proponenti e, in caso di parere positivo sullo studio di fattibilità, il comune, entro 90 giorni avrebbe provveduto a dichiarare il pubblico interesse dell’opera.

"Dopo di che il privato provvede all’inoltro del progetto definitivo, al quale sarebbe seguita una conferenza di servizi decisoria, con la possibilità da parte del Comune di chiedere modifiche del progetto. La norma specifica anche che se il progetto richiede interventi da parte della Regione (oltre a quelli del Comune) la conferenza di Servizi è convocata dalla Regione. Il tutto deve concludersi entro i 120 giorni dalla presentazione del progetto. Se ciò non avviene per le strutture di una certa importanza (più di 20.000 spettatori per gli stadi scoperti), interviene il consiglio dei ministri per accelerare la procedura. Una procedura quindi semplice chiara e, soprattutto, dalla tempistica ben definita. Ma allora perché tutti i ritardi che conosciamo?

Il problema resta la speculazione edilizia

"Il problema principale è quello dell’indicazione contenuta nello stesso comma 304, che escludeva ogni possibile “speculazione edilizia”, affermando testualmente che “Lo studio di fattibilità non può prevedere altri tipi di intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e concorrenti alla valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali ed economici e comunque con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale”. Niente edilizia residenziale e soprattutto nessun intervento non strettamente funzionale alla fruibilità dell’impianto ed al raggiungimento di una parità finanziaria per il privato proponente. Un ingente investimento senza la possibilità di un ritorno economico non attira molto.

"È vero che all’estero, in particolare in Inghilterra quasi tutti i club hanno uno stadio proprio che spesso ristrutturano o ricostruiscono da zero, sulla medesima sede o anche altrove. Ma lì gli stadi vengono costruiti soprattutto nell’ottica di dare una solidità economica delle società calcistiche, arricchendo con beni reali il patrimonio del club, in modo da evitarne, in caso di difficoltà economiche, il fallimento. Se infatti il patrimonio delle società calcistiche è costituito quasi esclusivamente dai giocatori, un paio di annate storte con il conseguente depauperamento del valore degli stessi rischiano portare la società al fallimento (e di casi così se ne sono visti spesso anche da noi). Ed allora molti hanno pensato di arricchire il patrimonio con beni immobiliari dal valore solido. A garanzia dei creditori (fra i quali in primis i giocatori) e dei tifosi.

All'estero i club dotano gli stadi di strutture commerciali

"Ed i limiti che anche all’estero ci sono sulle opere ulteriori, vengono rispettati dotando gli stadi di strutture commerciali gestite direttamente dal club proprietario dell’impianto ed a servizio dei tifosi stessi, come hotel, business center, sky box, palestre, piscine, ma anche bar, ristoranti, musei dedicati ecc. riconoscendo negli stadi una location capace di produrre rilevanti flussi di cassa sulla base delle facilities che riesce ad offrire in relazione al business che il calcio è in grado di generare. Ma in Italia ciò appare difficile (malgrado qualche timido tentativo), soprattutto per una questione culturale: si va allo stadio solo per vedere la partita ed a partita finita si torna a casa! Peraltro le stesse società calcistiche non hanno mai avuto una mentalità imprenditoriale tale per gestire i servizi che si svolgono negli spazi accessori: bar, ristoranti, parcheggi (tanto per citarne un paio).

"Ed allora l’interesse per lo stadio passa attraverso gli utili che possono essere fatti dall’edilizia ulteriore inserita nel progetto, i famosi ecomostri che dovrebbero essere autorizzati in virtù della pubblica utilità dell’impianto che è parte del progetto. Con ovvi scontri con gli enti locali per la concessione dei permessi necessari e negoziati fra amministratori pubblici e privati proponenti per stabilire quello che è strettamente funzionale all’opera ed al progetto e quello che non lo è, con richieste da parte dell’amministrazione pubblica di varianti ai vari progetti.

Il decreto legge prevede la costruzione di immobili con funzioni diverse

"Proprio per allentare le maglie della normativa e rendere più appetibili gli investimenti in se e non la mera speculazione edilizia, recentemente si è avuta una modifica della normativa, con il Decreto Legge n. 50 del 24 aprile 2017 il cui art. 62, in cui è previsto esplicitamente che il progetto “può ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d'uso diverse da quella sportiva, complementari e/o funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell'impianto”, purché non si tratti di nuovi complessi di edilizia residenziale.

"In caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, inoltre, lo studio di fattibilità deve contemplare, per il raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa, anche l’acquisto del diritto di superficie o del diritto di usufrutto delle aree di proprietà pubblica o degli impianti pubblici esistenti su cui verte l’intervento. Quindi il club potrà costruire il proprio stadio anche su suolo che rimane pubblico mediante l’acquisto di un diritto di superficie, non essendo obbligato ad acquistare l’area pubblica (cosa che spesso non si può fare o che per essere fatta necessita di particolari procedure di evidenza pubblica).

L'esclusiva ai club per le attività commerciali

"Per incentivare i club interessati poi la nuova normativa contiene una serie di disposizioni di carattere commerciale che riguardano il riconoscimento di una “esclusiva”, per le attività commerciali svolte nei pressi dell’impianto sportivo, in favore della società sportiva utilizzatrice dell’impianto medesimo, precludendo così apertamente ogni possibile stazionamento e quindi affare ai vari punti di ristoro mobile privati, ai banchetti di venditori di gadget e accessori che inevitabilmente affollano il suolo pubblico adiacente e le vie di accesso allo stadio prima e dopo la partita.

Stadio di proprietà, un esborso ma anche una risorsa

"Indubbiamente la costruzione (o anche l’acquisto, come di recente ha fatto l’Atalanta) di uno stadio di proprietà per un club rappresenta un esborso immediato importante per le proprie casse. Ma se pianificato bene l’investimento può rivelarsi un’importante risorsa economica in sé. Un regalo ai propri tifosi che potranno beneficiare di una struttura più moderna e più adatta alle loro esigenze. E che potranno ripagare la propria squadra affollando gli spalti e gli spazi commerciali accessori. L’importante è che non si trasformi in un’occasione per aggirare le normative urbanistiche e che, quindi, lo stadio non sia solo una scusa per speculazioni edilizie di qualcuno che invece di arricchire club e tifosi arricchiscono solo chi le propone. Per questo deve essere garantita una continuità nell’investimento, con lo stadio e le sue strutture accessorie che rientrino effettivamente nel patrimonio del club e dei suoi tifosi!

"Proprio per questi motivi la stessa UEFA ha emanato una sorta di Guida agli Stadi di qualità, in cui si analizzano sia gli aspetti finanziari dell’investimento economico e dei relativi rientri, sia gli aspetti logistici (posizionamento rispetto al centro urbano, parcheggi ed accessibilità con servizi di trasporto pubblico e privato) e strutturali. In particolare, oltre alle caratteristiche del terreno di gioco, delle strutture accessorie (spogliatoi, bagni pubblici, ospitalità) e degli spalti, si analizzano le possibilità di copertura del terreno di gioco e delle tribune.

"Tutti aspetti che possono caratterizzare un buono stadio, al di là dei requisiti essenziali imposti dalla stessa UEFA (e di conseguenza, dalle varie Federazioni nazionali) per l’iscrizione ai campionati e che possono guidare sia i privati interessati alla realizzazione degli impianti sia gli amministratori pubblici nei negoziati con i club per l’approvazione dei progetti!