Naby Keita è il calciatore più atteso da tutti i tifosi del Liverpool. Bloccato con un anno di anticipo dal Lipsia, pagato la bellezza di poco più di 52 milioni di sterline, il classe 95 ha già conquistato tutti gli addetti ai lavori dei Reds, pronto a trascinare la squadra in una stagione che deve assolutamente vedere gli uomini di Klopp protagonisti fino alla fine. La maglia, d'altronde, non accetta altre conseguenze che non siano legate a grandi risultati. Non si parla solo dello stemma, ma anche del numero scelto dal guineano, che con la benedizione di Gerrard è pronto ad indossare un 8 magico, entrato nel cuore di ogni tifoso Reds. Impossibile per il centrocampista sentire paura, o quanto meno la pressione. Conosce bene l'enorme sfida che lo attende, ma la difficile vita vissuta per arrivare fino a questo punto lo rende pronto a tutto.
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Keita: dalla povertà ad Anfield, nel segno del Liverpool e di Gerrard
Keita, sin da piccolo, quando giocava senza scarpe per strada, era destinato ad essere un calciatore del Liverpool. Il padre è un grande fan dei Reds, e molti dei suoi amici seguono il Liverpool come fosse una religione. E ora con la benedizione...
GUINEA - Cresciuto in povertà in Guinea, abituato a giocare a calcio per strada senza scarpe, dribblando le macchine che occasionalmente lo colpivano. Questa l'infanzia del nuovo acquisto del Liverpool, raccontata a Goal e ripresa dal Sun. La Guinea è un paese povero e politicamente rischioso, che ha reso Keita la persona ed il giocatore che è oggi: costretto a competere per qualsiasi cosa, obbligato a fare sempre un passo in più degli altri, dovuto anche alla sua statura non proprio enorme. "Tutto quello che ho vissuto mi ha preparato nel migliore dei modi per affrontare qualsiasi cosa come professionista, non ho paura di niente all'interno del campo. Ho dovuto lottare per tutto: la possibilità di giocare, il pallone, il rispetto. Neanche le macchine potevano fermarmi".
DESTINO - Il destino, poi, ha voluto metterci la propria firma. Keita, sin da piccolo, quando giocava senza scarpe per strada, era destinato ad essere un calciatore del Liverpool. Il padre è un grande fan dei Reds, e molti dei suoi amici seguono il Liverpool come fosse una religione. Per strada giocava con la maglietta rossa di Anfield addosso, adesso è pronto ad onorarla nel tempio, davanti gli occhi di migliaia di spettatori. Una prima parte di cammino che si chiude per il guineano, costretto a girare per l'Europa senza trovare una squadra, incapace di comprendere cosa chiedevano gli allenatori, per lui che di tattica non sapeva assolutamente nulla: "Durante le prove gli allenatori mi chiedevano di fare cose di cui non avevo mai sentito parlare, usavano termini che non capivo". Adesso, però, la parte del cammino più importante: far vedere al mondo intero di poter entrare nel tempio dei grandi. La Premier League è il terreno perfetto.
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