Lei aveva un mito da ragazzo?
calcio
Mister Maniero: “Io, il feeling con Recoba, i dolori di Baggio. Il Milan un sogno, la Superlega non è calcio”
Adoravo Marco van Basten, avevo il suo poster attaccato in camera vicino all'armadio, ero abbagliato da quello che riusciva a fare col pallone. Ricordo il gol che ha segnato con l'Olanda contro la Russia nell'Europeo '88. Poi le vittorie con il Milan in Coppa dei Campioni. Sarà difficile trovare un altro van Basten in futuro.
Quando è andato al Milan ha realizzato un sogno?
È stato come sbarcare sulla Luna. Tifo Milan fin da bambino. È stato fantastico entrare a Milanello. Conoscevo la storia del centro sportivo, sapevo chi ci era passato prima di me. Ho avuto la fortuna di giocare con Maldini e Costacurta. C'erano anche Donadoni e Albertini, Boban e Savicevic, poi Weah. Ritrovarmi in mezzo a tutti quei campioni è stata un'emozione incredibile. Ricordo il mio primo gol segnato a San Siro. Ero arrivato mercoledì e domenica sono entrato in campo a 20 minuti dalla fine sullo 0-0 col Piacenza: al novantesimo l'ho buttata dentro e abbiamo vinto 1-0. È stato come vivere in una fiaba. Tutto ciò che avevo sognato da bambino si è realizzato in un attimo.
Le piace la squadra di Pioli?
Sta facendo qualcosa di bello. Auguro al Milan di riuscire ad andare in Champions perché se lo merita. Ad inizio stagione non era accreditato per centrare la qualificazione, eppure ha dimostrato di meritare il posto che occupa sul campo. In Europa League è uscita contro il Manchester United che è una grande squadra. Poi lo ha fatto senza Ibrahimovic: con lui in campo magari sarebbe andata diversamente.
Che idea si è fatto del calcio di oggi?
A volte faccio fatica a vedere le partite. Qualche giorno fa ho rivisto Milan-Manchester del 2007 e Milan-Inter del 2004, finito 3-2 con gol di Seedorf nel finale. Guardare quelle partite mi emoziona ancora. C'erano giocate che non ritrovo in questo calcio. A volte vedo giocatori salire sulla fascia, fermarsi e tornare indietro anziché mettere la palla in mezzo. Da attaccante diventerei matto col gioco di oggi. Non vedo giocatori con le mie caratteristiche, né con quelle di Batistuta e Toni, Vieri ed Hübner. Pavoletti e Cerri ricordano i centravanti di una volta. Non so se nel calcio di oggi uno come Trezeguet farebbe ancora la differenza. Ormai il portiere gioca con i piedi gioca più di un centrocampista: è un calcio alla rovescia. Una volta se passavi il pallone al portiere si mettevano tutti le mani nei capelli. C'erano più lanci lunghi, scontri di testa, sgomitate. Queste cose non si vedono più.
Lei è stato allenato da Prandelli al Venezia: anche il mister non si riconosce più in questo calcio?
Probabilmente anche lui avrà pensato questo. Se dieci squadre giocano tutte allo stesso modo non vanno seguite a prescindere. Faccio calcio in base alle caratteristiche dei miei giocatori e cerco di ottenere sempre il massimo da quello che ho tra le mani. Forse Prandelli non riusciva a trasmettere le sue idee di gioco ai calciatori che aveva a disposizione. Se dietro le sue dimissioni c'è dell'altro, non lo so.
Che ricordo ha di Zamparini?
Fantastico! Ho lavorato col presidente per cinque anni: quattro a Venezia, uno a Palermo. Con squadra e giocatori è un'altra persona rispetto a quella che conoscono i giornalisti. Mi ricordo le sue sfuriate e le sue interviste, gli piaceva andare controcorrente. Quando veniva al campo di allenamento o a vedere la partita alla domenica era il primo ad incoraggiarci. Dal punto di vista della stabilità era una garanzia. Tanti club non riuscivano a pagare gli stipendi. Zamparini non ha fatto mai mancare niente a nessuno: dai calciatori ai dirigenti e dipendenti. È il classico presidente che tutti i giocatori vorrebbero avere. Quando veniva a trovarci a Moena nel ritiro pre-campionato, stava con noi: lì lo conoscevi per quello che era, una persona normale con cui era piacevole passare il tempo. Quando lo vedevo in televisione o quando leggevo qualche sua intervista, anche io mi chiedevo se fosse la stessa persona che veniva a trovarci al campo. Aveva una doppia personalità: una di fronte ai giornalisti, un'altra quando era con noi giocatori.

Lei è stato un bomber di provincia: che tipo di calcio fa in panchina?
Mi piace un calcio divertente, voglio che la mia squadra provi sempre a fare gol. Sfrutto le caratteristiche dei miei giocatori. Se ho difensori bravi col pallone glielo faccio giocare, se coi piedi non ci sanno fare voglio che lo buttino in avanti. Si deve lavorare con ciò che si ha tra le mani. Questo vale per tutte le categorie: dai dilettanti ai professionisti. Il calcio è bello quando vinci, non è bello quando giochi bene e perdi.
Che cosa fa quando non fa calcio?
Mi dedico al giardino di casa mia: è bello grande, mi piace tagliare l'erba. Sono nato in un paesino. Fin da bambino correvo per i campi, sono stato il classico ragazzo di campagna. Mi piace la natura, stare in mezzo all'erba e alle piante. È la mia vita, ciò che mi dà soddisfazione.
Ha un sogno per il futuro?
Desidero solo uscire da questa pandemia che ci sta togliendo le cose belle della vita. Ciascuno di noi vorrebbe fare qualcosa che non può fare perché c'è questo maledetto virus. Voglio solo che il più presto possibile finisca questo brutto momento per riavere la vita di prima. Lasciamo da parte tutti i desideri personali e pensiamo al bene di tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA