Una terra dolce che sa essere spigolosa, un padre col pallone sempre sotto braccio, un figlio che culla un sogno. Poi il coraggio di mettersi Apricena e la Puglia alle spalle per andare a prendersi ciò che voleva. Alessandro Potenza lo ha trovato a 900 chilometri di distanza in Lichtenstein: era l’estate 2003, quella dell'Under-19 vincitrice dell'Europeo trascinata da un giovane Giorgio Chiellini. Potenza c’era anche nel 2004 in Germania dove ha vinto l'Under-21 dei futuri campioni del mondo. Firenze e Catania hanno cambiato la vita di Alessandro che ha perso qualche treno, ma mai la coerenza. Mihajlovic è stato un maestro, Materazzi un amico con cui condividere un’esperienza unica. Oggi Potenza allena e spera che la vittoria dell'Italia di Chiellini all'Europeo possa dare una mano al nostro calcio in tutti i sensi.
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Mister Potenza: “Io, il Catania di Mihajlovic e quella notte con Mourinho. Vi svelo il segreto di Chiellini”
Di sole e d'azzurro. Quello del mare che bagna la sua Puglia, quello della Nazionale che ha ricoperto le sue spalle al fianco dei futuri campioni del mondo e d'Europa. Alessandro Potenza ha 37 anni, il carattere e la passione di sempre per il pallone
Alessandro, oggi lei fa l'allenatore: che momento sta vivendo?
Un momento di relax e di felicità. La vittoria degli Europei inorgoglisce tutti noi, a maggior ragione chi ha contribuito alla causa azzurra nel recente passato. Il movimento appartiene a tutti. Si vince insieme. Sto studiando, cerco di mettere giù nuove idee. Sono alla finestra.
Come è nata l'idea di allenare?
Negli ultimi anni di carriera a Catania ho subito un grave infortunio al ginocchio e non sono più rientrato come prima. Vedevo che arrancavo e non vestivo bene i panni di chi aspetta la scadenza del contratto. Mi sono portato avanti seguendo i consigli di allenatori come Montella e De Zerbi. Ho iniziato in Serie D, ho passato quattro anni in panchina. La scorsa stagione ho vissuto una breve esperienza all'Arezzo in C.
Quale è la sua idea di calcio?
Mi piace un calcio propositivo. L'Italia ha vinto l'Europeo con la forza del collettivo, ma soprattutto con la forza delle idee. Penso che avere un'identità marcata ti metta nelle condizioni di giocartela con tutti.
Come è nata la sua passione per questo sport?
Mio padre ha giocato a pallone a Foggia, ma non è stato professionista. Ha messo i figli nelle condizioni giuste per fare qualcosa. Al Sud è facile incappare in situazioni spiacevoli se stai per strada. Mio fratello ha cominciato la scuola calcio a sei anni, a quattro io andavo a vedere i suoi allenamenti. Un giorno mio padre ha detto all'allenatore che voleva che giocassi pure io. Nonostante fossi piccolissimo me la cavavo.
Che cosa le ha dato la Puglia?
Io sono nato all'ospedale di San Severo, ma ho vissuto fino a 14 anni ad Apricena dove la mia famiglia è stabile da tempo. La Puglia ti forma il carattere, è una terra straordinaria e bellissima. Realtà come Bari offrono abbastanza, Foggia è capoluogo di provincia, poi ci sono città di 200mila abitanti e tanti paesini. Se uno vuole fare qualcosa di grande, questo territorio però ad un certo momento ti spinge a partire.
La sua carriera è legata alla maglia azzurra della Nazionale: le dice ancora tanto?
Assolutamente sì. L'ho vestita nelle giovanili, ho fatto quasi tutte le trafile. Sono esploso nell'Under-19
nei primi anni Duemila. Nella Primavera dell'Inter ero uno dei pochi '84 che giocavano, ero sotto età. Nel 2003 ho vinto l'Europeo con l'U-19 in Liechtenstein e sono entrato in pianta stabile nell'U-21.

Lei ha vinto l'Europeo U-19 nel 2003 con Chiellini: che ragazzo era Giorgio?
Giorgio è rimasto un ragazzo umile. Quando era giovane aveva già la consapevolezza di giocare ad alti livelli, ma non capiva di essere di un altro pianeta a livello fisico. A 19 anni era già formato, era un animale. Bisogna dare merito a chi gli ha cambiato ruolo. Nell'Under-21 Chiellini era terzino, giocare al centro della difesa è stata una fortuna. Con la sua fisicità e la sua forza ha fatto una carriera eccezionale.
Quale è il suo segreto?
Giorgio è sempre stato intelligente come dimostra la laurea che possiede. Il mondo del calcio è d'oro e solo una persona con i piedi per terra ha la forza di chiudere un ciclo di studi. La tentazione di lasciarsi andare è forte. Chiellini non è un uomo che si accontenta. Si vince perché si ha un talento esagerato oppure perché si possiede qualcosa in più in termini di costanza. Nel tempo Giorgio ha plasmato una personalità incredibile. I giocatori formano un grande gruppo quando quelli più giovani ascoltano i più esperti. In campo però devono andare tutti a duemila per essere credibili. Chiellini e Bonucci hanno fatto la differenza in tutti i sensi. Quando parlano loro nello spogliatoio tutti ascoltano con ammirazione.
Nel 2004 lei ha vinto l'Europeo U-21 con l'Italia dei futuri campioni del mondo: che cosa ricorda?
La squadra era formata da 81' e 82', io ero uno dei quattro 84'. Era un gruppo davvero pazzesco, pieno di campioni: c'erano De Rossi, Gilardino e Barzagli, Zaccardo e Amelia. Fu una soddisfazione incredibile. Quella è stata la mia prima grande esperienza. Ai tempi dell'U-19 pochi di noi erano già arrivati al grande pubblico. Nel 2004 un po' tutti invece avevamo esordito in Serie A. Quella vittoria con l'U-21 ci ha dato un grande senso di responsabilità. Negli anni successivi siamo stati noi lo zoccolo duro della squadra.
Nel 2006 lei ha giocato l'Europeo U-21 con Chiellini: fu un'esperienza sfortunata?
In Portogallo non è andata bene. Ho segnato nel 3-3 alla Danimarca alla prima partita della fase a gironi, C'erano Agger e Bendtner: erano stati presi dall'Arsenal e dal Liverpool per 30-40 milioni. Poi abbiamo vinto 1-0 con gol di Chiellini contro l'Ucraina sul mio assist. Eravamo primi. Abbiamo perso la terza gara con l'Olanda al novantesimo. Non ci siamo accorti di essere usciti: è stata davvero una grossa delusione.
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