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Lo strano destino di Insigne con le mascotte

È tutto pronto, si entra in campo. L’arbitro prende la palla in una mano e la mascotte per l’altra e i giocatori dietro di lui fanno lo stesso. Ma è possibile che a Insigne capiti sempre il più grande?

Riccardo Stefani

Si sa, se qualcosa può andare storto… lo farà. Questo è almeno quanto affermato da un insieme di paradossi pseudo-scientifici di ovvio stampo ironico chiamato legge di Murphy. Così è stato per Di Biagio: una cosa poteva andare male, l’esordio, e così è stato anche se la magnitudo dell’avversario e l’inesperienza di alcuni membri dell’undici azzurro lasciavano presagire che proprio benissimo non sarebbe finita. È stato così per la federazione, che sperava di ottenere un risultato positivo, almeno in questa amichevole argentina, per dare un segnale forte. Ma niente, quando le cose devono andare male non c’è verso di rigirarle. Lo sa bene Insigne che sul suo piede destro ha visto passare, senza fermarsi, il treno dell’illusione di riacciuffare il risultato. Certo, non solo per questo motivo il nostro Lorenzo ha avuto modo di interfacciarsi con la legge di Murphy; c’è anche un’altra questione piuttosto buffa che lo ha visto protagonista (e non solo una volta) al momento dell’entrata in campo, quella della mascotte.

TRE MASCOTTE A BONUCCI?

Non è la prima volta che capita, tanto che, a livello internazionale, molte persone si chiedono chi sia la cinica figura che gravita attorno alle assegnazioni dei bambini mascotte. Prendete l’inquadratura di Bonucci e Immobile, che al momento dell’inno di Mameli e Novaro prima di Argentina-Italia si abbracciavano accanto a Lorenzo il Magnifico: la punta dei capelli delle mascotte a loro assegnate raggiungeva (nella migliore delle ipotesi) il petto del difensore milanista e del centravanti laziale. Proseguendo verso destra, come fa l’inquadratura televisiva, si vedono due figure più o meno sullo stesso piano: chi ha affidato tre ragazzi-mascotte a Bonucci? Ah, no, uno è in maglia azzurra e ha il numero 10. Pardon.

PIÙ PRECEDENTI PER INSIGNE

In effetti, canonicamente la mascotte dà le spalle al calciatore assegnato ma Insigne ha cantato l’inno prendendo una contromisura, consistente nel fiancheggiare l’altissimo bambino visibilmente emozionato. La mossa, forse, è stata studiata dal Magnifico in seguito ai ad alcuni casi paralleli. Nell’ottobre di sei anni fa il Napoli era di turno a Eindhoven per affrontare il PSV di Strootman e il non-ancora-Ciro Mertens (autore di un goal nel passivo di 3-0 finale). In quel caso al momento dell’ingresso in campo soltanto la fronte di Lorenzo svettava oltre la capigliatura della mascotte. Lo scorso anno, poi, a Torino la situazione sembrava fatta davvero di proposito: la schiera dei giocatori del Napoli era in piedi con le mascotte davanti, distanziato dal gruppo si vede Lorenzo con le gambe leggermente divaricate e la mascotte in maglia granata sull’attenti ad uguagliarlo in altezza. Infine, c'è un episodio simile anche contro la Roma all'Olimpico, ma l'inquadratura non permette di capire di quanto Lorenzo riesca a sovrastare il bambino in giallorosso.

RIDETE PURE, MA INSIGNE CE L'HA FATTA

Sì, va bene, non sarà un gigante in altezza, ma sul campo sovrasta molti colossi grazie al suo baricentro basso e alla sua rapidità. Per non parlare di quando riesce a liberarsi per il tiro. Senza considerare che uno dei due maggiori detentori di Palloni d’oro di tutti i tempi è (ufficialmente) soli sei centimetri più alto di lui. Molto bella, in questo senso, la video-intervista rilasciata da Insigne a The Players’ Tribune, in cui il nostro numero 10 racconta come, nonostante lo scetticismo di molti osservatori, lui, non solo sia riuscito ad arrivare in serie A, ma a vestire la maglia del suo Napoli ed esserne uno dei pezzi più pregiati. Di dimostrarsi, insomma, perfettamente all'altezza.