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Don’t Cross the Boss – Unai Emery, l’arte di imbrigliare e rallentare verdetti che sembrano già scritti

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Il Signore dell'Europa League prova a fare la storia anche in Champions, una competizione che non gli è mai andata giù. Ma il suo calcio semplice è maledettamente efficace e può ribaltare il pronostico, persino contro una corazzata come il...

Francesco Cavallini

Ancora poche ore e si capirà se per il Villareal quella di Monaco di Baviera sarà una..."good ebening". E no, non c'è nessun errore ortografico, se lo si legge con la voce di Unai Emery. Il tecnico spagnolo attende di giocarsi il ritorno dei quarti di finale di Champions League contro una corazzata contro il Bayern Monaco, che ha uno dei migliori centravanti al mondo e un giovane allenatore quotatissimo. Ma, nonostante quanto dicessero i pronostici, in vantaggio c'è lui, con quel look a metà tra il Conte Dracula e Al Pacino e quell'inglese dalla cadenza basca così accentuata che nel periodo in Premier League è diventato fonte costante di prese in giro. Lui, il Signore dell'Europa League, che prova a fare la storia anche in Champions.

In passato glielo ha chiesto addirittura Sir Alex Ferguson, "ma non ti piacerebbe una volta vincerla?". Ovvio che sì, anche se quattro Europa League (tre con il Siviglia e l'ultima proprio con il Villarreal) non è che suonino poi così male su un curriculum. Eppure quando gli è stata data la squadra per provare a farlo, Emery ha fallito. I due anni al Paris Saint-Germain sono stati un calvario. Prima il secondo posto dietro il Monaco dell'imprendibile Mbappè poi, persino quando il ragazzino di Bondy glielo hanno portato in squadra insieme a Neymar, un campionato vinto per inerzia ma uno stop agli ottavi in Europa che ha fatto il paio con quello della stagione precedente. Colpa sua? Sul momento non sembravano esserci dubbi, visto che l'esonero è stato chiesto a furor di popolo. Ma le esperienze di Tuchel prima e di Pochettino poi suggeriscono che forse i problemi non erano esattamente da ricercarsi nel tecnico spagnolo... La stessa cosa vale per l'Arsenal, perchè per digerire l'addio di Wenger serviva quel tempo che a Emery i Gunners non hanno dato. Solo ora che ad Arteta è stata concessa la possibilità di sbagliare all'Emirates le cose stanno migliorando.  Ben per i londinesi, meglio ancora per Emery, che dopo l'esperienza accumulata all'estero è tornato in patria, a ritrovarsi in un club forse più adatto al suo modo di vedere il calcio.

Il Villarreal non è il Siviglia, dove il tecnico aveva una potenza di fuoco e un livello tecnico assai superiore. Eppure, risultati alla mano, si sta ripetendo quanto avvenuto al Sanchez Pizjuan, con quasi la certezza che se il Submarino Amarillo fosse stato eliminato dall'Atalanta nei gironi di Champions ce lo saremmo ritrovato a Siviglia (scherzi del destino!) per provare a confermarsi signore dell'Europa League. E invece no, il campo di battaglia è quello infinitamente più complicato della Champions League, una competizione che a Emery non è mai andata giù. Il sorteggio ci ha messo del suo per creargli ulteriori ostacoli. Prima una Juventus non più ai suoi livelli, ma comunque tecnicamente più forte, poi addirittura il Bayern Monaco, una macchina perfetta o quasi. Con la Signora è arrivata l'impresa all'Allianz, uno 0-3 che passa alla storia. Dall'altro Allianz, quello dei bavaresi di Nagelsmann, sarà complicato uscire indenni. Il mini-Mourinho di Landsberg am Lech sa che un'eliminazione potrebbe costargli cara (anche se a Säbener Straße sono abbastanza saggi da sapere che una stagione non è abbastanza per valutarlo) e farà di tutto per passare il turno. Ma ha di fronte a sè il peggiore degli avversari. Emery è in grado di far giocare male chiunque, regalando alle sue squadre una solidità tattica che fa spavento. Il suo calcio semplice, a tratti quasi scolastico, è maledettamente efficace, capace di imbrigliare e rallentare verdetti che sembrano già scritti. E chissà, magari anche ribaltarli...