Per un calciatore il pallone rappresenta tutto. Il lavoro, la passione, la vita stessa. Ogni attimo della giornata è concentrato sul calcio e tutte le energie, fisiche e mentali, vanno sfruttate per far sì che quando si scenda in campo la propria squadra segni un gol in più di quella avversaria. Poi però a volte subentra il mondo esterno, che è fatto di cose belle ma anche di incubi. E a quel punto anche dare un calcio al pallone, persino allenarsi diventa maledettamente complicato. Si potrebbe chiedere a David Silva, che al Daily Mail racconta di come la nascita prematura di suo figlio Mateo abbia cambiato radicalmente la sua vita e influito sulla sua carriera.
RESISTERE – E paradossalmente, lo spagnolo non inizia da sè, ma da altri. Dai compagni di squadra al City e da Guardiola, che nel documentario All or Nothing viene ripreso durante un discorso prepartita mentre scuote i suoi: “Dobbiamo vincere per David”. E David, a distanza di quasi un anno, non dimentica. “Sarò per sempre grato ai miei compagni e all’allenatore per esserci stati per me nel momento del bisogno. In quello che è decisamente stato il momento più complicato della mia vita”. Difficile unire la preoccupazione per un figlio appena nato in pericolo di vita, a cui stare accanto in ogni momento possibile, e le richieste della vita da calciatore professionista… “Ero sempre in giro, mangiavo male, non dormivo, non mi allenavo e se mi allenavo mi allenavo male. Ancora non so come ho fatto a resistere”.
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