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Oltre la barriera: le soluzione più strane contro i calci piazzati

Esclusa una barriera canonica, qual è il modo migliore per difendere su un calcio di punizione? Di certo, non quelli inseriti in questa lista.

Francesco Cavallini

Ci sono squadre (e soprattutto calciatori) contro cui concedere un calcio di punizione equivale automaticamente ad una pessima notizia. Basterebbe pensare a Messi, ultimamente cecchino implacabile da palla inattiva, o a Miralem Pjanic, che spesso e volentieri toglie le castagne dal fuoco alla Juventus colpendo da fermo. Come possono difendersi i portieri, se non con una barriera preparata ad arte? La creazione del muro sui calci di punizione è competenza assoluta del portiere, che disegna la sua difesa personale contro le traiettorie avversarie. Ma è sempre così? Beh, a volte arrivano indicazioni particolari, che regalano più di qualche caso molto interessante da studiare.

Il lodo Marsiglia, con Sanson messo di traverso

Partiamo dalla fine, ovvero dall'ultima trovata del Marsiglia. Anzi, di Rudi Garcia, che ha pensato ad un metodo che permetta alla sua squadra di affrontare sia punizioni a scavalcare la barriera che quelle che invece sfruttano il salto dei difensori per passare sotto. Basta, ovviamente, inserire un uomo (il povero Sanson) messo per traverso dietro quelli già schierati, che possono quindi tranquillamente saltare ben sapendo che se la sfera dovesse sfilare sotto i loro piedi, ci sarebbe...la seconda protezione a evitare la beffa. Quello utilizzato dall'OM è uno stratagemma già pensato in Brasile per disinnescare Ronaldinho, ma ha un lato estremamente negativo. Con almeno sei calciatori in barriera e uno a fare da frangiflutti, se gli avversari decidono di battere manovrando, in evidente superiorità numerica, possono essere dolori.

Barriera divisa, non un'ottima idea

Non è però il primo caso di sperimentazione. Quel gran genio di Bora Milutinovic, cinque mondiali con cinque nazionali diverse, ha utilizzato come laboratorio gli USA prima della coppa del mondo casalinga. Tony Meola, portiere di quella nazionale a stelle e strisce, racconta spesso di come l'allenatore serbo avesse deciso di dividere la classica barriera in due. Gli uomini, così separati, dovevano andarsi a piazzare (dietro indicazione del portiere) per coprire entrambi i pali. L'idea era quella di rendere più complicata per l'attaccante la scelta del lato in cui calciare, ma anche di lasciare più spazio all'estremo difensore per vedere la palla partire. Peccato che non ci sia alcuna regola che impedisce agli avversari di fare la propria barriera e togliersi all'improvviso, lasciando il povero portiere di fronte a un missile, magari centrale, ma partito in anticipo. E quindi anche la barriera divisa non è un'ottima idea.

Kahn senza barriera, Plasmati senza calzoncini

Poi c'è il grandissimo Oliver Kahn. Un tipino così tranquillo che quando (con la sua consueta calma) ha consigliato ai suoi compagni nel Bayern Monaco di non mettersi proprio in barriera nelle punizioni da media distanza, così da poter vedere meglio il tiratore, nessuno ha avuto il coraggio di contraddirlo. Per evitare una rete, questo il pensiero del tedesco, bastano i miei riflessi. Non è stato esattamente così ed anche questa idea è stata accantonata. Come lo è stata quella del Catania nel 2007, con Plasmati che si cala i calzoncini per infastidire l'avversario. Quando lo ha fatto, non era un comportamento punibile, ora lo è diventato. Infine c'è chi, mutuando gli insegnamenti di Holly e Benji, mette due difensori sui pali. Inutile dire che causano più reti le incomprensioni con i portieri che l'effettiva bontà delle punizioni.

E allora, ci si chiede, esclusa una barriera canonica, qual è il modo migliore per difendere su un calcio di punizione? Facile, basta seguire il saggio consiglio di Klinsmann. Non concederne proprio!