Ormai è chiaro, il VAR è il futuro, nonostante gli errori. Ecco perchè si è atteso così tanto prima di permettere l’analisi delle situazioni di gioco attraverso l’ausilio del video. Ci si è subito resi conto di trovarsi davanti ad una rivoluzione dirompente, capace di cambiare tutte le carte in tavola e, soprattutto, difficilmente reversibile. Perchè per quanti sbagli ci possano essere, il numero di torti raddrizzati sarà tendenzialmente sempre maggiore. E nessuno, nonostante le proteste di questa o di quella tifoseria, vorrà correre il rischio di smettere di utilizzare il video e tornare al far west precedente. Ma a questo punto, dato per assodata la bontà dell’innovazione (piccoli e grandi problemi a parte), si impone però un ragionamento più complesso.
Per giudicare le immagini, servono arbitri appositamente formati
Chi giudica le immagini, il famoso VAR, è un arbitro. Che una domenica corre sul prato verde a dispensare cartellini e calci di punizione e magari quella dopo è dietro un monitor, a cercare di sviscerare frame per frame il video di un fallo di mano incriminato. Due mestieri totalmente diversi, nonostante sussistano due capacità di base identiche: una conoscenza perfetta del regolamento e la capacità di decidere in pochi secondi. Detto questo però, l’arbitro in campo ed il VAR svolgono compiti così differenti che con tutta probabilità la differenziazione delle carriere diventerà a breve una realtà, oltre che una necessità, vista la sfilza di errori delle ultime settimane. Esatto. Come esistono gli arbitri e gli assistenti, con compiti e preparazione molto diversi, dovrà esistere anche il VAR di professione. Un arbitro formato solo ed esclusivamente per analizzare le immagini video.
Il Signor VAR, l’arbitro addetto solamente al video
La sperimentazione serve a valutare i pro ed i contro e quella del VAR, nel corso di questo campionato, sta sottolineando che una figura del genere è diventata fondamentale. Si deve trattare sempre di un arbitro, perchè l’esperienza e la conoscenza del regolamento rimangono il requisito necessario per chi voglia cimentarsi in questo nuovo “mestiere”. Ma la preparazione del VAR (inteso come arbitro) non può essere la stessa del fischietto di campo. Un allenamento diverso, senza tacchetti ma con molti schermi, il continuo vedere e rivedere lo stesso frame, lo stesso contatto, per abituare l’occhio a captare la minima irregolarità. Per carità, tutte capacità che non cozzano necessariamente con quelle dell’arbitro “titolare”, ma che vanno affinate con il tempo e soprattutto con l’esperienza.
I Collina o gli Orsato del VAR
Diventerebbe quindi controproducente assegnare a ottimi arbitri in campo, ma non esperti al video, match di cartello. Con la creazione di quello che chiameremmo il Signor VAR, l’addetto al video, ci sarebbe di fatto una terza categoria di direttori di gara, con una propria “graduatoria” e con la possibilità di affermarsi come il Collina o l’Orsato dell’assistenza video. Le sicurezze del silent-check che il designatore va a giocarsi nei match di cartello. Un percorso diverso da quello dell’arbitro e dell’assistente, ma con altrettante possibilità di scalare le vette del mondo delle giacchette nere. Ma soprattutto in grado di dare alla novità tecnologica la legittimazione che al momento gli viene negata dagli errori. Si tratterebbe comunque di esseri umani, che si siedono davanti a un video e giudicano, con tanto di possibili scelte fallaci. Ma un conto è improvvisarsi esperti del mestiere, un altro è studiare e applicarsi per anni in una e una sola cosa. Del resto, il VAR è il futuro. E dato che guardarsi indietro non serve, meglio gettare lo sguardo in avanti e prevenire i danni, piuttosto che doverli curare.
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