"Lei è stato compagno di Pirlo e Baronio al Brescia, oggi entrambi alla Juventus: come vede l'esordio di Andrea da subito in una grande panchina?
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Antonio Filippini: “Noi l’incubo di Ronaldo il Fenomeno, quante liti con Nedved e Davids! Pirlo ha tutto da perdere. Io e mio fratello vogliamo allenare insieme in A”

Abbiamo giocato insieme nel nostro primo anno al Brescia dopo tre anni di Serie C ad Ospitaletto. Erano due grandi giocatori e due bravi ragazzi, secondo me Andrea è stato uno dei tre migliori centrocampisti del mondo. In panchina ha fatto un bel salto. Smettere di giocare e allenare non è semplice ed è ancora più difficile partire dalla Juventus, dalla squadra che vince lo Scudetto da nove anni. È una scelta difficile sia da parte della società che da parte di Andrea considerate le pressioni che ci sono: la Juve è abituata a vincere per cui ha tutto da perdere, se non dovesse vincere il campionato Andrea avrebbe già fallito.
"Nel 2002 c'è stata Parma-Brescia, la 'partita dei gemelli': come è stato affrontarvi?
Quando io ed Emanuele giocavamo insieme ci bastava un'occhiata per capirci. Quando siamo andati via dal Brescia e siamo passati al Palermo non eravamo da soli: al proprio fianco avevamo un fratello con cui dividere al cinquanta per cento le tensioni che c'erano lontano da casa. C'è stata grande emozione prima di quel Parma-Brescia: era la prima volta da rivali e le prime volte di qualsiasi cosa, nel calcio e nella vita, sono sempre emozionanti. Quando l'arbitro ha fischiato l'inizio della gara, abbiamo cominciato a giocare come sapevamo, ci sono stati anche contrasti duri tra di noi: era il nostro modo di giocare ed era giusto che fosse così, in quei 90 minuti siamo diventati avversari, volevamo prevalere uno sull'altro.
"Vi siete sfidati anche da allenatori: com'è andata?
Io allenavo il Trento, lui il Rezzato e ha vinto 3-1. Quando ero arrivato a Trento, la squadra era ultima in classifica: abbiamo fatto una rimonta per centrare la salvezza. Emanuele doveva vincere il campionato e purtroppo è arrivato secondo. La sua squadra era nettamente più forte della mia. In tre anni alla guida degli adulti, Emanuele ha vinto due campionati, uno con l'Adrense e uno col Ciliverghe, e ne ha perso uno per un punto: è un ottimo allenatore, adesso è in Nazionale, non se lo stanno facendo scappare. C'è un continuo scambio di idee tra noi due: lui va in giro per il mondo e apprende i principi di gioco e le nuove idee dei nuovi allenatori. Parliamo tanto di questo e cerchiamo di metterlo quando alleniamo.
"Condividete anche la passione per la musica: a Palermo avete festeggiato suonando...
Sì, dopo Palermo-Bari, alla penultima giornata di campionato: c'era la festa, a fine gara abbiamo suonato davanti a 40mila spettatori insieme ad Andrea Gasbarroni che cantava qualche canzone di Vasco Rossi. È stata un'emozione persino più forte di quando abbiamo giocato a calcio davanti a così tante persone: erano tutti lì a cantare le canzoni di Ligabue e di Vasco. Ci piace il rock internazionale, il nostro idolo è Bruce Springsteen: abbiamo assistito a più di settanta concerti. Tra i nostri gruppi preferiti poi ci sono Led Zeppelin, Deep Purple, U2, Rolling Stones. Suoniamo qualche volta: ci chiamano soprattutto per eventi di beneficenza, raccogliamo fondi per chi è meno fortunato di noi.
"Nel 2004-05 avete giocato nella Lazio di Lotito: siete stati vicini ad altre grandi piazze?
Eravamo arrivati in prestito dal Palermo. Io avevo giocato 44 partite su 46, mio fratello altrettante perciò Lotito ci voleva confermare, purtroppo non è andata così: non so che cosa sia successo, è cambiato anche l'allenatore, è arrivato Delio Rossi, e non siamo riusciti a tornare alla Lazio. Saremmo rimasti volentieri perché ci trovavamo bene con la società e con i tifosi. Ricordo che la Roma di Zeman si era interessata a noi, ma non ci siamo andati perché poi hanno scelti altri uomini. Eravamo i tipici giocatori alla Zeman.

"Ronaldo il Fenomeno ha detto che siete stati il suo incubo: che cosa ricorda di quelle sfide?
Le sue parole ci hanno reso felici perché quando giochi non ti rendi conto di quello che fai, solo quando smetti riesci a guardarti indietro. Ho disputato 303 partite in Serie A, 700 nei professionisti, e le dichiarazioni di campioni come Ronaldo fanno piacere: ha giocato insieme e contro tanti campioni, ma si ricorda di noi e questo significa che abbiamo fatto qualcosa di buono. In campo eravamo molto ostici, avevamo grande temperamento ed eravamo giocatori moderni, andavamo in pressing sull'avversario.
"Avete mai litigato con qualche avversario in campo?
Con tutti! Nedved, Davids, Del Piero, Totti, De Rossi, Maldini: abbiamo litigato con tutti soprattutto fuori casa dove c'era bisogno di mettere temperamento in campo. Quando ci rivedono si mettono ancora le mani nei capelli e dicono: "Mamma mia, quanto eravate rompiscatole!". Quando incontravamo gli avversari nei villaggi turistici restavano tutti meravigliati: pensavano che fossimo insopportabili come in campo, poi invece scoprivano che eravamo ragazzi simpatici.
"Avete affrontato anche qualche campione che gioca ancora?
Io ed Emanuele abbiamo giocato nei 10-12 anni più importanti del calcio italiano: i nostri avversari erano Del Piero, Totti, Davids, Nedved, Nesta, Maldini, Cafu e tanti altri. Abbiamo affrontato Ibra che sta dimostrando di essere ancora un grande campione: è sempre attento a tutto, si allena al cento per cento, è un leader per il Milan. Abbiamo giocato con Chiellini che però era all'inizio della sua carriera.
"Vi sarebbe piaciuto affrontare Cristiano Ronaldo?
Ci manca la sua figurina: sarebbe stato un altro campione da aggiungere alla nostra collezione. Allora campioni come Ronaldo il Fenomeno venivano in Italia quando avevano 24-25 anni e non dopo i 30. Abbiamo giocato anche contro Batistuta, un altro campione giovane che faceva la differenza in Serie A.
"Le piacerebbe allenare un giorno insieme a suo fratello? Sogna di farlo in Serie A?
Sì, è nei nostri progetti. Stiamo facendo percorsi diversi, ma vogliamo allenare insieme: stiamo cercando la situazione giusta per poter esprimere il nostro pensiero di calcio. Allenare in Serie A sarebbe un sogno: per raggiungerlo bisogna lavorare sodo e studiare tanto per migliorarsi giorno dopo giorno.
"Quale è la sua idea di calcio?
I miei moduli di riferimento sono il 3-4-3 o il 3-4-1-2. Mi piace giocare con l'ampiezza, con la profondità e con la gestione della partita. Voglio sfruttare gli esterni sia in fase di attacco che a centrocampo: i quinti ti danno l'ampiezza però quando giochi coi tre difensori è d'obbligo avere in mano il dominio del gioco. Voglio che la mia squadra abbia in pugno la partita, che sfrutti l'ampiezza e che attacchi la profondità con gli esterni e con la punta centrale. Una squadra deve giocare bene anche in fase di non possesso. Quando non hai la palla devi aggredire immediatamente il possessore di palla avversario: se non riesci a farlo allora devi stringere il campo e devi limitare le conclusioni in porta della squadra avversaria.
"Come se lo immagina il portiere?
Il ruolo è cambiato dall'avvento della nuova regola che gli impedisce di prendere il pallone con le mani sul retropassaggio. Avere un portiere coi piedi buoni è un vantaggio. Tutti parlano della profondità in attacco, ma c'è anche la profondità alle tue spalle: i tre difensori e il portiere devono farla conoscere.
"Che cosa avete detto ad Amelia quando ha fatto gol di testa nella Coppa Uefa 2006-07?
Eravamo a Belgrado contro il Partizan all'87' di gioco: era stata fischiata una punizione a nostro favore in zona laterale. Quando lo abbiamo visto partire dalla sua porta abbiamo cominciato a gridargli dalla panchina: "Ma dove vai! Dove vai! Dove vai!". Mentre gli urlavamo contro tutti insieme, è partito il cross, Marco ha colpito di testa e ha fatto gol: l'umore di tutti noi è cambiato nel giro di cinque secondi. È stata un'esperienza fantastica: siamo scoppiati a ridere perché il calcio a volte è veramente imprevedibile.
"Lei pratica anche qualche altro sport per tenersi in forma?
Faccio CrossFit! L'età si fa sentire perché è uno sport molto invasivo e faticoso però c'è una componente mentale forte: quando mi alleno a classi scatta l'agonista che c'è in me. Farsi superare dal 13enne oppure dal 60enne o dalla ragazza che solleva più pesi non mi piace: lì scatta la sfida. Ho fatto qualche gara in coppia con mia moglie, ero l'anello debole: quando faticavo dicevo a lei di andare avanti con gli esercizi.
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