La prima legge non scritta del calcio è che quando le cose vanno male a pagare è sempre l'allenatore. Molto più semplice esonerare una guida tecnica, nella speranza di scuotere la squadra, piuttosto che prendersela con la rosa e con giocatori che magari non stanno rendendo come dovrebbero. Di conseguenza, vista la situazione che potrebbe portare alla prima retrocessione della storia dell'Amburgo, la squadra più antica di Germania, l'impressione generale era che la panchina di Bernd Hollerbach, arrivato a gennaio per sostituire Markus Gisdol fosse già a rischio. Probabilmente ancora lo è, ma la riunione della giunta direttiva del club ha comunque decretato un esonero eccellente: quello del presidente Heribert Bruchhagen.
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Amburgo quasi retrocesso? Esonerato…il presidente
Nel calcio, quando le cose vanno male a pagare è sempre l'allenatore. Ma non nel caso dell'Amburgo. Ad essere esonerato è stato il presidente, sfiduciato dalla giunta direttiva.
Il CDA dell'Amburgo ha esonerato il presidente
Abituati alle dinamiche del nostro calcio, fatto di proprietari unici e di presidenti tifosi, ci chiediamo come sia possibile. Beh, in Germania c'è una regola che impedisce che la proprietà di un club sia di un unico individuo. E quindi il CDA dell'Amburgo, così come quelli di tutte le altre squadre tedesche, è preposto a gestire gli investimenti di un ampio pool di uomini d'affari che finanziano la società. La proprietà vera e propria, dunque, non è nelle mani del presidente bensì dei soci, che a loro volta scelgono i propri rappresentanti nella giunta, i quali eleggono il presidente, che però non ha effettivo potere senza l'appoggio del suo consiglio direttivo.
Dicono addio anche il DS e un investitore storico
Consiglio direttivo che ha ritenuto che il cambio di passo promesso da Bruchhagen al momento della sua elezione (nel dicembre 2016) sia arrivato, ma in negativo. Se nelle scorse stagioni il club rischiava la retrocessione, quest'anno l'addio alla Bundesliga sembra pressochè certo. E quindi, addio presidente. I pessimi risultati in campo e la mancata rendita degli investimenti sul mercato hanno portato ad un altro paio di decisioni importanti. Oltre a Bruchhagen ha salutato il Direttore Sportivo Todt, responsabile di una campagna acquisti fallimentare. E, problema forse ancora maggiore, persino uno dei soci storici dell'Amburgo, il miliardario Klaus-Michael Kühne, ha deciso di smettere di investire nel club, deluso dalla classifica e spaventato dalle pieghe di un calciomercato ormai incontrollabile.
Real e Barça, presidenti dimissionari
Una vera e propria rivoluzione interna, più simile ad una crisi politica che alla classica decisione dall'alto a cui siamo abituati con le nostre squadre. Ma quando il controllo non è di maggioranza, sono dinamiche all'ordine del giorno. Basterebbe pensare al Real Madrid, dove i presidenti sono eletti dall'assemblea degli azionisti, ma possono anche essere sfiduciati, come avvenuto nel 2009 a Ramon Calderon, costretto a dimettersi per uno scandalo riguardante fondi neri. O, per citare i rivali storici, gli addii di Gaspart e Rosell al trono del Barcellona. Un senso di responsabilità nei confronti di chi mette i soldi, che chiaramente non tocca chi detiene il 50%+1 di un club. In quel caso vige la buona vecchia regola secondo cui il pallone lo porto io e le regole le faccio io. Che poi la regola preveda che alla fine paghi sempre l'allenatore, beh, deve assolutamente essere una casualità.
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