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La vita sociale 2.0 sta trasformando in peggio il calcio giovanile

Di Massimo Piscedda. Basta dare un'occhiata a un match giovanile per assistere a scene di maleducazione da parte di chi assiste alle partite, che si riversa poi sui ragazzi in campo. I quali perdono l'entusiasmo di giocare a calcio.

Massimo Piscedda

"Ho assistito ad una partita di categoria under-15 poco tempo fa, e ho finalmente capito come mai perché la maleducazione nel calcio ormai regna sovrana. La ragione principale sta nei comportamenti, nelle parole che escono di bocca ai soggetti che assistono ai match, in questo caso genitori e parenti dei ragazzi, che a causa del clima che si crea giocano oramai quasi senza divertirsi.

"La partita è finita in pareggio, ma nonostante ciò tutto le urla e le offese continuavano a riempire un bel cielo di una bella giornata macchiata dal disgusto. Dal mio disgusto nel recepire l’ignoranza e l’arroganza e soprattutto nel rendermi conto che quegli individui avrebbero amplificato il proprio comportamento e lo avrebbero riversato poi verso i propri figli, rendendoli di conseguenza privi di qualsiasi iniziativa e dell'entusiasmo necessario per affrontare una partita di pallone.

"Il calcio sta generando anche questo. Il problema però è anche generale. Ormai la famiglia è disintegrata, la parrocchia non esiste più e la scuola non aiuta. La collaborazione di questi elementi, che determinavano una attenta e corretta educazione civica, è totalmente dimenticata e sopraffatta dalla tecnologia drogata. Tecnologia che al giorno d'oggi sostituisce in ognuno di noi la fantasia e l’iniziativa, quella creativa, quella che caratterizza le nostre potenzialità e la nostra volontà nel migliorare le qualità umane, i sentimenti verso le persone a cui tieni di più, i comportamenti corretti per crescere nel rispetto dei ruoli, la capacità di emergere secondo il tuo talento.

"Tante, tantissime cose ora mi sembrano irraggiungibili per quei ragazzi di categoria under-15 che ho visto giocare. Ma la cosa sorprendente è che in fondo tutto ciò a cui ho assistito non era più davvero sport. Si trattava solamente di una terribile rappresentazione di ciò che è vita sociale dell’era 2.0 trasportata in un campo di calcio.