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Non stuzzicare il Messican che dorme – E il muro di Trump va al tappeto

È ormai diverso tempo che si parla del muro che Donald Trump vuole erigere al confine con il Messico. Ma almeno nella boxe il progetto sembra naufragare.

Riccardo Stefani

Dall’ascesa al soglio presidenziale di Donald Trump l’opinione pubblica è avvolta in un turbinio di dichiarazioni ad effetto, di provocazioni che spesso hanno l’aspetto di una minaccia. Oltre al velenoso scambio di tweet con il suo omologo nordcoreano a catturare l’attenzione internazionale c’è l’intenzione del biondo presidente americano di innalzare un muro lungo il confine con il Messico. La motivazione di questa intenzione, per così dire, edilizia di Trump è quella di fronteggiare la massiccia immigrazione clandestina proveniente dal Messico. Molti militanti della frangia repubblicana e nazionalista hanno sposato il proposito del presidente ma non parliamo di soli personaggi politici. Anche nello sport c’è chi impugna questo proposito per far breccia nell’opinione pubblica e in questi giorni è successo qualcosa di straordinario: quello che doveva essere un tentativo di propaganda attraverso la boxe è finito male, anzi, malissimo.

AMERICA FIRST - Rod Salka, pugile professionista statunitense è stato impegnato in un incontro che vedeva seduto sullo sgabello nell’angolo opposto Francisco Vargas, atleta messicano conosciuto come El Bandido. Il buon Salka sale sul ring con molte aspettative addosso e molta fiducia nelle proprie possibilità di conquistare il match, in quanto viene dalla bellezza di cinque vittorie consecutive. Per ostentare tale sicurezza Rod indossa, per far breccia tra le fibre nervose dell’avversario, un pantaloncino molto particolare che con i colori della bandiera statunitense compone il disegno di un muro con la scritta sulla cintura “America 1st”. Nè più nè meno il motto di Trump in campagna elettorale.

E IL MURO VA GIÙ - E in effetti, se la strategia era quella di dare sui nervi all’avversario, possiamo dire che ha decisamente funzionato. El Bandido impiega sei round per abbattere il muro americano a suon di pugni con i suoi guantoni ispanici: Salka è KO. La doppia beffa, quindi, è servita: non solo Salka perde l’incontro ma riceve anche uno spunto per un bagno di umiltà e un suggerimento di presentarsi come pugile e non come manifesto politico. Il suo passato, tra l’altro, avrebbe dovuto suggerire prudenza al lottatore americano. La pagina di Wikipedia a lui dedicata fa notare che è principalmente conosciuto per essere stato sconfitto “brutalmente” in due round nel 2014 da Danny Garcia. Che sarà pure un pugile americano ma ha decisamente un nome  ispanico. Molto, molto ispanico.