Sentenza definitiva: falsate Parma-Napoli e Inter-Lazio dell’anno scorso | Al VAR è successo di tutto

Si torna a parlare di quella penultima giornata dell’anno scorso, decisiva a conti fatti per lo scudetto del Napoli. Nel mirino il VAR.
Il Video Assistant Referee, o più semplicemente VAR, introdotto nel calcio con l’intento lodevole di ridurre gli errori arbitrali e garantire una maggiore equità, si sta rivelando sempre più un’arma a doppio taglio, alimentando polemiche e, in alcuni casi, una vera e propria “cultura del sospetto” tra gli addetti ai lavori e soprattutto tra i tifosi.
Se da un lato è innegabile l’utillizzo della tecnologia per correggere sviste macroscopiche o rivedere episodi di gioco particolarmente veloci e complessi, dall’altro l’applicazione della norma solleva enormi interrogativi.
La difficoltà maggiore, soprattutto per i fruitori del servizio, tifosi e appassionati, risiede non tanto nell’efficacia degli strumenti tecnici a disposizione – ormai di altissimo livello per angolazioni e definizione delle immagini – quanto nella discrezionalità che rimane in capo all’arbitro e, soprattutto, nella farraginosità di protocollo cervellotico e ma compreso.
Quest’ultimo, con le sue eccezioni e i limiti di intervento (solo in caso di “chiaro ed evidente errore” o “grave episodio non visto” e solo in quattro tipologie di episodi), risulta di difficile comprensione per il grande pubblico e, a volte, persino per chi dovrebbe applicarlo.
Un’applicazione non sempre credibile
Ne consegue un’applicazione altalenante e non uniforme, che finisce per delegittimare lo strumento stesso e, di riflesso, l’intero sistema arbitrale. In sostanza, la tecnologia non ha eliminato le polemiche; le ha semplicemente spostate, trasformandole da “errore umano sul campo” a “errore di interpretazione o di non intervento dalla sala VAR”.
La trasparenza, che avrebbe dovuto essere il pilastro del VAR, vacilla di fronte a silenzi, mancate on field review o interventi ritenuti eccessivi e pretestuosi dalla parte lesa. Con spiegazioni farraginose, che aumentano i dubbi, anziché toglierli.
Una teoria audace
Proprio in questo clima di crescente incertezza e sfiducia, che si alimenta soprattutto sul web e sui social network, trovano terreno fertile le teorie più audaci, spesso prive di fondamento oggettivo ma capaci di fare presa sull’emotività dei tifosi. È qui che sta prendendo corpo una vera e propria “sentenza social” che non proviene dalle aule della giustizia sportiva, ma dagli algoritmi e dalle timeline di piattaforme come Tik Tok esimili. L’ipotesi è che le partite decisive per lo scudetto della passata stagione, in particolare Parma-Napoli e Inter-Lazio, siano state falsate proprio a causa di decisioni arbitrali controverse influenzate dal VAR in modo strumentale.
In entrambi i casi, l’attenzione si focalizza sugli episodi cruciali accaduti nei minuti finali, dove il VAR è stato protagonista assoluto su entrambi i campi, sia al Tardini sia al Meazza, dando e poi togliendo un rigore al Napoli, proprio mentre a Milano veniva assegnato un penalty alla Lazio. Sui social, principalmente su Tik Tok si sostiene la tesi del complotto e della manipolazione. Una narrazione virale, sebbene non supportata da prove formali, che di fatto ha già emesso la sua “sentenza definitiva”, minando la credibilità di un’intera annata calcistica.